sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Alessandro Fioroni

Il Dubbio, 21 febbraio 2024

Dopo due giorni di udienze oggi un tribunale di Londra dovrà decidere il destino del fondatore di Wikileaks che negli Stati Uniti rischia fino a 170 anni di prigione. L’udienza che si terrà oggi e che vede alls sbarra Julian Assange potrebbe essere l sua ultima, disperata occasione per evitare di essere estradato dalla Gran Bretagna in direzione Stati Uniti dove lo attende una pena di prigione di oltre 170 anni.

L’Alta corte d’appello Londra infatti ha previsto due giornate di dibattimento per arrivare ad una decisione. Il tribunale da ieri mattina è stato blindato, pochissimi i giornalisti ammessi in aula mentre all’esterno si è radunata una considerevole folla a sostegno del giornalista australiano protagonista di uno dei più grandi casi internazionali in cui si intrecciano spionaggio e libertà di stampa. Assange, non presente in aula a causa di condizioni di salute più che precarie, si trova in una prigione del Regno Unito dal 2019 ed è ricercato dagli Stati Uniti per aver divulgato file e cabli militari segreti nel 2010 e nel 2011 attraverso la piattaforma wikileaks. Migliaia di informazioni sulla guerra in Afghanistan e in Iraq, sui crimini commessi dai marines e poi insabbiati dal Pentagono, ma anche i nomi di decine di agenti segreti Usa in Medio Oriente. Reati federali puniti in modo pesantissimo oltreoceano.

Nel 2021, l’Alta Corte del Regno Unito ha stabilito che doveva essere estradato, respingendo la motivazione secondo cui la sua salute mentale lo avrebbe potuto indurre a togliersi la vita. Nel 2022, la Corte Suprema ha confermato tale decisione. Le udienze dunque mirano a ribaltare i precedenti verdetti. Se la decisione sarà sfavorevole, il suo team legale ha intenzione di appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, anche se una sentenza potrebbe non arrivare in tempo per fermare l’estra-dizione. La posta in gioco è altissima, Assange è accusato di 17 capi di imputazione da parte di un tribunale distrettuale della Virginia. I pubblici ministeri statunitensi affermano che Assange ha cospirato con l’analista dell’intelligence statunitense Chelsea Manning per hackerare i server del Pentagono e recuperare i documenti.

I file, ampiamente riportati dai media occidentali, hanno rivelato prove di crimini di guerra commessi dalle forze statunitensi in Iraq e Afghanistan, incluso il video di un attacco di elicotteri Apache del 2007 a Baghdad che ha ucciso 11 persone, tra cui due giornalisti della Reuters. Il team legale di Assange ha esposto le sue argomentazioni, l’avvocato Ed Fitzgerald KC ha detto che se il suo cliente dovesse affrontare un processo negli Stati Uniti c’è un rischio reale che subisca “una flagrante negazione di giustizia”, inoltre i difensori hanno affermato che il giornalista e stato vittima di un complotto della CIA per rapirlo o assassinarlo mentre era riparato nell’ambasciata ecuadoriana a Londra e vogliono che questo faccia parte di un potenziale appello, sostenendo che “c’è un rischio molto reale di ulteriori azioni extragiudiziali contro di lui da parte della CIA o di altre agenzie”.

Ed Fitzgerald ha sostenuto che la decisione degli Stati Uniti di perseguirlo è politicamente motivata e che le azioni di Assange equivalgono a una ordinaria pratica giornalistica. In definitiva, sostengono che non dovrebbe essere punito per aver fatto il suo lavoro come successo in altri casi. Una tesi sostenuta da altri esperti i quali hanno sottolineato che si tratta del primo caso in cui gli Stati Uniti si basano sull’Espionage Act del 1917 per l’incriminazione di un editore. Se l’estradizione venisse confermata dunque si creerebbe un precedente che criminalizzerebbe gran parte del giornalismo investigativo, assolutamente cruciale per la democrazia. Verrebbe negato il diritto di curare le fonti, comunicare con loro in modo confidenziale, richiedere informazioni, proteggere le loro identità e pubblicare notizie classificate.

L’accusa sostiene invece che Assange ha messo in pericolo la vita di informatori che operavano in segreto, cosa non provata comunque a causa della massima riservatezza imposta sulle vicende in questione. Intanto il 14 febbraio scorso, il parlamento federale australiano di Canberra ha approvato una risoluzione in cui si sostiene che la fuga di notizie di Assange del 2010 ha “rivelato prove scioccanti di cattiva condotta da parte degli Stati Uniti” e si sottolinea “l’importanza che il Regno Unito e gli Stati Uniti chiudano la questione in modo che il signor Assange possa tornare a casa dalla sua famiglia in Australia. La presa di posizione australiana però difficilmente potrà avere un qualche peso sulla decisione dei giudici inglesi.