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La Repubblica, 18 marzo 2023

Ma l’idea di spedirli laggiù mette tutti d’accordo. La proposta del premier inglese Rishi Sunak: spedire nel Paese africano tutti i richiedenti asilo che attraversano la Manica. E’ lì che si tende ad inviare i profughi afghani quando non restano bloccati altrove.

Almeno 250 ragazze di una scuola di Kabul erano già state trasferite a Kigali via Doha ad agosto 2021 dopo il ritorno dei talebani. Ma il governo del Paese africano utilizza i ricollocamenti per farsi scudo delle accuse di violenze anche fuori dai propri confini. Nel Golfo detenuti migliaia di profughi afghani in condizioni disumane. Il Ruanda è diventato uno dei Paesi dove gli Stati occidentali preferiscono inviare i rifugiati afghani quando questi non restano bloccati in Paesi terzi o rispediti indietro, come fanno Turchia e Iran. Sempre più richiedenti asilo sono ricollocati in Africa (anche grazie al sostegno delle agenzie delle Nazioni Unite), ma in Stati che non sono immuni da critiche sulle violazioni dei diritti umani.

Gli afghani in Ruanda. Subito dopo il ritorno dei talebani, nell’agosto 2021, circa 250 studentesse del collegio femminile School of leadership Afghanistan (SOLA), già evacuate a Doha, in Qatar, erano state trasferite a Kigali perché potessero continuare a studiare, visto che da due anni le ragazze rimaste in Afghanistan non possono più farlo. Nello stesso periodo anche l’Uganda aveva accolto oltre 2 mila profughi afghani su richiesta del governo degli Stati Uniti.

Vietato chiedere asilo in Gran Bretagna. L’idea di mandare i profughi afgani in Ruanda ora viene nuovamente ventilata anche dal primo ministro britannico Rishi Sunak. A inizio mese infatti il Premier ha annunciato un disegno di legge per impedire ai migranti che attraversano il Canale della Manica di chiedere asilo nel Regno Unito. Londra intende ricollocare i richiedenti asilo in Ruanda o in un “Paese terzo sicuro” allo scopo di “contrastare l’immigrazione illegale”, ha detto il Sunak. E questo nonostante nel 2022 una persona su cinque arrivata via mare nel Regno Unito fosse afghana, nazionalità a cui nel 98 per cento dei casi viene concesso l’asilo politico a causa delle persecuzioni e delle violazioni dei diritti umani da parte dei Talebani.

Il Ruanda è un Paese sicuro? Anche senza entrare nelle trame giuridiche che distinguono i vari tipi di protezione internazionale dall’immigrazione irregolare e senza valutare se la decisione del governo britannico violi o meno le Convenzioni sui rifugiati di cui Londra è firmataria, risulta difficile incasellare il Ruanda (assieme a Uganda, Sudan e Somaliland, tutte nazioni africane che si sono offerte di accogliere i profughi afghani) nel novero dei “Paesi sicuri”.

La minaccia di Paul Kagame. In passato, il presidente ruandese Paul Kagame aveva minacciato di espellere i rifugiati già presenti nel Paese se la comunità internazionale avesse criticato le attività del suo governo, guidato dal Rwandan Patriotic Front, salito al potere dopo il genocidio del 1994. Attualmente nel Paese si contano 127 mila rifugiati, secondo i dati forniti dall’UNHCR.

Gli abusi dei diritti. Human Rights Watch ha criticato la campagna condotta dal partito contro gli oppositori politici, spesso detenuti arbitrariamente e torturati. Ma le azioni violente del governo ruandese si estendono anche oltre i propri confini, colpendo dissidenti e membri della diaspora anche all’estero e sostenendo sul piano militare il gruppo ribelle M23, che combatte contro il governo della Repubblica democratica del Congo soprattutto nella regione del Nord Kivu.

La soluzione temporanea per gli attivisti. Shabana Basij-Rasikh, insegnante, attivista per i diritti delle donne e fondatrice di SOLA, ad agosto 2021, documentando su Twitter il ricollocamento delle studentesse afghane, lo aveva definito un “reinsediamento non permanente”, una sorta di “semestre all’estero” prima di poter tornare a casa in Afghanistan.

L’idea che mette d’accordo tutti. Le cose però sono andate diversamente e alla fine quella di spedire i profughi afghani in Ruanda è una soluzione che mette d’accordo tutti: le ragazze afghane possono continuare a studiare, gli Stati Uniti possono sentirsi meno in colpa per aver abbandonato il Paese ai talebani dopo venti anni di guerra e i governi africani possono ripulirsi l’immagine agli occhi della comunità internazionale sperando che per l’aiuto umanitario di cui si stanno facendo carico non vengano imposte loro sanzioni o restrizioni.

Gli afghani nel Golfo. La questione dei rifugiati afghani si ripropone poi in maniera simile nel Golfo: 2.700 persone sono da 15 mesi parcheggiate negli Emirati Arabi Uniti, dove non hanno possibilità di accedere a percorsi legali per ottenere lo status di rifugiato. Rispondendo anche in questo caso alla richiesta del Dipartimento di Stato americano di accogliere i richiedenti asilo prima che questi vengano reinsediati negli Stati Uniti, le autorità di Abu Dhabi hanno rinchiuso i profughi in un luogo chiamato Emirates Humanitarian City, che secondo le testimonianze è però sovraffollato, fatiscente e infestato da insetti. Un rapporto di Human Rights Watch sostiene inoltre che la maggior parte dei detenuti soffre di depressione.

In Afghanistan. Le cose continuano a peggiorare, e non solo dal punto di vista umanitario: in base a un rapporto del Global Terrorism Index uscito nei giorni scorsi il Paese è per il quarto anno consecutivo quello con il più alto numero di attentati al mondo. L’ultimo, sferrato di recente dal ramo locale dello Stato islamico (Is-K), ha colpito un gruppo di giornalisti a Mazar-i Sharif, capoluogo della provincia di Balkh, nel nord del Paese: i talebani hanno confiscato i cellulari e trattenuto i sopravvissuti, forse per dare l’impressione di avere la situazione sotto controllo ed evitare che la notizia venisse diffusa anche all’estero.