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di Enrico Franceschini

La Repubblica, 16 febbraio 2024

Un tribunale di Londra deciderà il 20 e 21 febbraio sull’estradizione chiesta dagli Stati Uniti. La moglie ha offerto una conferenza stampa a pochi giorni dal verdetto. “Questa tortura deve finire, è un caso politico e necessita di una soluzione politica, se Julian verrà estradato in America lo chiuderanno in un buco così profondo che non lo vedrò più”. Stella Assange, moglie del fondatore di Wikileaks, parla con accenti disperati e a tratti commossi in una conferenza stampa alla vigilia di quella che potrebbe essere l’ultima udienza di tribunale sull’estradizione richiesta nei confronti del marito dagli Stati Uniti. Martedì e mercoledì prossimo i giudici dell’Alta Corte di Londra saranno chiamati a decidere se Assange ha diritto di ricorrere in appello contro il precedente verdetto che il suo trasferimento negli Usa. Il 52enne giornalista australiano è detenuto dal 2019 nel carcere di Belmarsh nella capitale britannica, dopo avere trascorso in precedenza sette anni chiuso nell’ambasciata londinese dell’Ecuador, che gli aveva prima concesso asilo e poi glielo ha negato, provocandone l’arresto. In America è ricercato per violazione di segreti di stato in relazione alla pubblicazione sul sito delle soffiate da lui fondato di centinaia di migliaia di documenti riservati sulle guerre in Afghanistan e in Iraq, inclusi abusi commessi dalle forze Usa. Per i suoi detrattori ha messo in pericolo la sicurezza nazionale americana. Per i suoi difensori è un eroe della libertà di informazione. “Siamo all’ultima chance”, dice ora la moglie. “Se perdiamo, nel giro di giorni potrebbero metterlo su un aereo per Washington”.

Prima di tutto, Stella, come sta Julian?

“Male. È stato molto malato a Natale. Tossisce in continuazione. La sua salute è in un continuo declino fisico e mentale. Se verrà estradato in America, morirà”.

Suo marito sarà presente in aula all’udienza della prossima settimana?

“Lo abbiamo richiesto ma non glielo hanno ancora concesso. L’ultima volta che gli è stato permesso di essere fisicamente in tribunale è stato nel gennaio 2021. Un’altra delle ingiustizie disumane a cui è sottoposto”.

Che cosa accadrà all’udienza?

“Due giudici dovranno deliberare sul precedente rifiuto dell’Alta Corte di Londra di concedere un ricorso alla decisione di estradarlo negli Stati Uniti. Se decideranno che ha diritto a ricorrere, andremo dunque davanti alla Corte d’Appello per ribadire le ragioni contrarie all’estradizione negli Usa, anche se nel frattempo lui continuerà a restare in prigione. Se invece i giudici decideranno che non ha diritto a fare ricorso, il procedimento di estradizione avrà effetto immediato e in teoria le autorità britanniche potrebbero metterlo su un aereo per l’America nel giro di giorni”.

In tal caso, se i giudici britannici daranno definitivamente via libera all’estradizione, presenterete ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani?

“Sì, ma bisognerà vedere se la Corte Europea accetterà di considerare il ricorso e poi, eventualmente, cosa deciderà in merito e come reagiranno le autorità del Regno Unito”.

Se, esaurite tutte le opzioni, Julian sarà estradato negli Usa, continuerete anche lì la battaglia giudiziaria per ridargli la libertà?

“Naturalmente non lo abbandoneremo mai, sia io che Wikileaks e varie associazioni umanitarie scese in campo in sua difesa. Ma negli Stati Uniti rischia una condanna a 175 anni di carcere. Lo chiuderanno in un buco così profondo che io non lo vedrò mai più”.

Come lo ha trovato, l’ultima volta che lo ha visto?

“È stato il 3 febbraio. Gli ho fatto visita nel carcere di Belmarsh dove è rinchiuso in isolamento da cinque anni. È invecchiato prematuramente. Prende medicinali. Ha avuto un mini infarto”.

E con i vostri due bambini che rapporto ha?

“Cerchiamo di proteggere i nostri figli. Non sanno niente di quello che sta accadendo (le trema la voce, si interrompe, le scendono lacrime dagli occhi, ndr.). E non penso sia giusto che sappiano a quale sofferenza sono sottoposti il loro padre e la loro famiglia”.

Tornando al processo, su che base legale fondate l’opposizione all’estradizione?

“Sul fatto che Julian è un giornalista che, facendo uso delle rivelazioni di un whistleblower, ha rivelato crimini commessi da uno Stato: e questo non costituisce un reato. Lo accusano di avere violato segreti di stato in base alla legge sullo spionaggio, ma il processo contro di lui è una plateale violazione della libertà di stampa e fa parte di un attacco globale contro la libertà dei media che è in atto in tutto il mondo. Per giunta il whistleblower in questione, Chelsea Manning, è stata rilasciata dopo che il presidente Obama ha commutato la sua pena, mentre Julian è privo della libertà dal 2012. Ed è noto che la Cia, quando era diretta da Mike Pompeo durante la presidenza Trump, faceva piani per assassinare Julian”.

L’estradizione è stata concessa sulla base di garanzie diplomatiche fornite dagli Stati Uniti al Regno Unito sulle condizioni in cui Julian verrebbe imprigionato negli Usa, al fine di evitare il presunto rischio di un suo suicidio...

“Queste cosiddette assicurazioni diplomatiche sono accompagnate da una serie di condizioni, in modo che possono essere cancellate in qualsiasi momento. I giudici britannici le hanno accolte come valide, ma non garantiscono niente”.

Dopo tutto questo tempo e tutti questi ricorsi alla giustizia, quale potrebbe essere, secondo lei, una soluzione del caso Assange?

“Quello contro Julian è un caso politico e necessita di una soluzione politica. Ce ne sarebbe una: due giorni fa il parlamento dell’Australia ha approvato a grande maggioranza una risoluzione con cui chiede agli Stati Uniti di revocare la richiesta di estradizione e di lasciare che Julian, cittadino australiano, sia liberato e possa tornare nel proprio Paese. Il primo ministro australiano Anthony Albanese ne ha parlato con il presidente Biden. È la nostra ultima speranza. Ma è anche una corsa contro il tempo, perché Julian è in carcere da cinque anni, è privato della libertà di movimento da dodici e il pericolo che muoia o si tolga la vita cresce ogni giorno che va avanti questa tortura”.