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di Leonardo Clausi

Il Manifesto, 13 dicembre 2023

La Camera approva di misura. Per il migrante sulla Bibby Stockholm ipotesi suicidio. Adesso il testo dovrà essere votato dai Lord. Nuovi ostacoli in arrivo. Un richiedente asilo è morto sulla Bibby Stockholm, la galera senza remi ormeggiata in Dorset di cui il governo Sunak è “armatore”. Si sarebbe tolto la vita ieri, probabilmente per le condizioni dis-umanitarie che devono sopportare a bordo gli oltre duecentocinquanta migranti ivi confinati dall’ottobre scorso, secondo la politica di deterrenza agli sbarchi sbandierata dallo slogan stop the boats, zattera elettorale di un governo in alto mare.

È soltanto il terzo suicidio - stavolta riuscito - da parte di rifugiati destinati alla chiatta totalitaria: altri due ci avevano provato, fortunatamente senza successo, mesi addietro, una volta appreso che la loro odissea si sarebbe conclusa lì. La tattica del confino galleggiante dei migranti in attesa di ricevere un responso alla propria richiesta di asilo in Gran Bretagna è fallimentare, oltre che disumana. Vi erano stati tradotti già lo scorso agosto e poi immediatamente fatti evacuare: c’era un batterio nell’acqua potabile. Vi sono stati fatti risalire a ottobre.

Il ministero dell’Interno, occupato al momento da James Cleverly - che ha sostituito la defenestrata Suella Braverman solo giorni fa nella gig politics di un partito conservatore affetto da autofagia - ha annunciato l’apertura di un’inchiesta. La notizia arrivava proprio nel giorno più lungo per Rishi Sunak e il suo altrettanto sgangherato e crudele piano per l’esternalizzazione dei migranti “clandestini” in Ruanda, un piano che sono in pochi a volere nel suo stesso partito e dalla cui sorte dipendeva - nonostante non fosse un voto di fiducia - la sua leadership. E ieri sera, ai Comuni, dopo un dibattito di oltre cinque ore lo si è votato in seconda lettura, frettolosamente rimaneggiato per convincere i riottosi della destra Tory - che lo consideravano troppo debole e succube della Corte europea dei diritti umani - e dei centristi, per i quali costituirebbe invece l’ultimo strappo fatale con l’Europa da loro aborrito.

Alla fine Sunak se l’è cavata per 44 voti, 313 sì contro 269 no. Ora la legge attraverserà altri dibattiti ed emendamenti prima del voto dopo la terza lettura l’anno prossimo. Meglio, certo, di un’umiliante sconfitta, ma non esattamente quello che il governo voleva: la legge era considerata “emergenziale” e sarebbe dovuta passare ben più rapidamente se non fosse stato per la scarsa tenuta del potere di Sunak sul suo partito. Per tacere dal successivo passaggio ai Lord, dove c’è da aspettarsi altri ostacoli. Il giorno finora più lungo di Sunak era iniziato presto, con la convocazione straordinaria e ultra-mattutina dei suoi parlamentari a Downing Street. Per fargli deglutire, oltre al porridge, proprio questo “Rwanda bill”.

Una legislazione straordinaria che il Premier aveva annunciato la settimana scorsa come rimedio al precedente siluramento del piano da parte della Corte suprema per ragioni umanitarie (i giudici avevano bocciato l’operazione per i rischi posti alla sicurezza dei migranti da un paese il cui curriculum sui diritti umani è quantomeno dubbio).

Il testo rimaneggiato, scaturito dall’aver siglato un secondo trattato con il paese est africano in cui questo si impegna a non respingere i migranti nel luogo da cui sono partiti, per il governo ottempera ai requisiti sollevati dal diritto nazionale (Corte suprema) e dovrebbe fornire poteri tali da permettergli di travalicare i dinieghi di quello internazionale (Corte europea dei diritti umani), prevenendo almeno in parte gli infiniti ricorsi intentati da ciascun migrante. Ma per le varie correnti della destra Tory non era abbastanza. La settimana scorsa, il già alleato di Sunak ministro dell’immigrazione, Robert Jenrick, dava le dimissioni denunciandone l’innocuità: il governo dovrebbe sbattersene del diritto internazionale nel nome della Sovranità. Ecco sotto i piedi di Sunak riaprirsi la faglia Tory pro/contro Brexit che già aveva terremotato Theresa May. Finora in Ruanda sono volati più ministri che migranti: l’ultimo è Cleverly, la scorsa settimana. Kigali non si lamenta: ha ricevuto da Londra a oggi 190 milioni di sterline senza aver ancora mosso un dito. Mentre il Labour di Keir Starmer si gode la scena. Ma la loro contrarietà al piano è solo di metodo, non di merito. Loro farebbero in buona sostanza lo stesso. Solo, un po’ “meglio”.