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di Simona Musco

Il Dubbio, 14 settembre 2023

Al magistrato calabrese 19 voti, incluso quello del vicepresidente Pinelli, 5 voti ad Amato e 8 a Volpe. Ancora polemiche per le parole del procuratore sui colleghi “lavativi”. Partita chiusa: è Nicola Gratteri il nuovo procuratore di Napoli, l’ufficio giudiziario più grande d’Italia. Il magistrato forse più famoso al mondo, il più amato e al tempo stesso il più criticato, diventato simbolo mondiale della lotta alla ‘ndrangheta, approda nel capoluogo campano con 19 voti, tra i quali quello del vice presidente del Csm Fabio Pinelli, a seguito di una polemica infuocata, prima sotterranea, poi palese, sulla sua idea di giustizia.

Una polemica deflagrata con la pubblicazione della sua audizione, con la quale aveva messo a fuoco il Gratteri-pensiero: una filosofia pericolosa, secondo alcuni, genuina, per altri, in un plenum diviso tra chi tentava di resistere alla pressione mediatica e chi, invece, ha deciso di farsene carico. Ed è stata proprio la grande aspettativa attorno alla sua figura - più che attorno alla nomina in sé - a fornire uno spaccato del dibattito pubblico sul ruolo dei capi delle procure, dibattito che l’indipendente Andrea Mirenda ha invitato a riaprire.

Sono state le parole pronunciate da Gratteri in V Commissione a tenere banco, anche nella trattazione dei profili degli altri due candidati, il procuratore di Bologna Giuseppe Amato (che ha raccolto 5 voti) e il procuratore aggiunto di Napoli, nonché reggente, Rosa Volpe (8 voti). Al centro delle polemiche le accuse di pigrizia indirizzate a buona parte dei pm, il sospetto di “depressione” per i magistrati fuoriusciti dalla Dda, l’atteggiamento paternalistico nei confronti dei sostituti fino alla clamorosa confessione di aver invitato un magistrato, considerato poco adeguato, a scegliere un’altra procura, pena un parere sfavorevole.

Ad alleggerire il peso delle parole del procuratore di Catanzaro ci ha provato la relatrice della proposta Gratteri, Maria Luisa Mazzola, che ha evidenziato come per lui non esistano “reati di serie A e di serie B”, ma solo i “reati”. “Al di là del tratto perentorio”, dunque, quello che emergerebbe è la vicinanza ai cittadini e il tentativo di stimolare tutti i sostituti, uno sforzo concretizzatosi negli ottimi risultati ottenuti a Catanzaro. Un modello, quello applicato in Calabria, che Gratteri ha annunciato di voler portare a Napoli ma non adeguato, secondo Antonello Cosentino, relatore della proposta Volpe, alla procura partenopea. Una soluzione di continuità, quella della magistrata, rispetto alla gestione Melillo, che ha ottenuto “il consenso assoluto di tutti, prima di tutto dei colleghi, che lo hanno manifestato pubblicamente, nelle maniere più visibili”, ma anche della “società napoletana”. Un’audizione “straordinaria”, la sua, evidenziata anche da Tullio Morello, apripista della polemica contro il Gratteri-pensiero.

“Non condivido l’eccessiva enfasi che sta accompagnando questa nomina”, ha evidenziato il consigliere di Area, dal momento che “la legge distingue i magistrati solo per funzioni e per il Csm tutte le nomine devono essere uguali”. Invece così non è, se è vero, com’è vero, che ogni aspetto pratico della nomina è passato in secondo piano. Un discorso accorato, il suo, che al Csm ci è arrivato proprio da Napoli, una procura che “ha lavorato bene a detta di tutti, tranne forse solo per il dottor Gratteri, che ha evidenziato la necessità di interventi radicali. Io invece ritengo che quell’ufficio abbia bisogno di continuità”. Lì, ha detto, ci sono magistrati seri, “non depressi e lavativi” e “non c’è una polizia giudiziaria da “derattizzazare”, orribile termine ascoltato in quella occasione. C’è un valido dirigente amministrativo, figura di cui lui ha espressamente dichiarato di non volersi avvalere”.

E a condividere l’analisi sull’eccessiva enfasi mediatica è stato Mirenda, che pur votando per Gratteri non si è sottratto dal fare un’analisi critica. Il clamore suscitato dalla nomina, ha sottolineato, è del tutto sproporzionato, essendo tutti e tre i candidati ottimi magistrati. Ma se Gratteri ha potuto pronunciare quelle parole, in sintesi, è perché è il sistema a rendere il procuratore un vero e proprio sovrano della procura. “L’evidente supremazia gerarchica del procuratore nel conflitto con il suo sostituto” è frutto di un “problema grave di cui non è responsabile Gratteri” e di fronte al quale né il Csm né l’Anm hanno fatto nulla. E ricordando di quando ha dichiarato che dopo aver fatto l’architetto non poteva più tornare a fare il muratore, chiarendo di rinunciare alla Calabria per continuare a fare il procuratore, ha chiesto: “Ma per caso qualcuno degli altri ottimi candidati è disposto a farlo? Allora, lode alla cruda e antipatica verità che accompagna le sue parole”.

Per il resto, per guidare una procura “non serve l’unto del signore”: a Napoli la gestione Volpe - da tutti lodata - ha funzionato anche perché tutti i magistrati hanno collaborato. “La rotazione interna agli uffici risolverebbe le solite menate gestionali che affliggono il sistema italiano”, ha dunque evidenziato Mirenda. Ma “le gelide regole del legislatore” non consentono la nomina di Volpe. Per cui la scelta è ricaduta su Gratteri, “avendo la maggiore attitudine allo scopo, secondo la valutazione dei titoli” ma anche perché “simbolo” della lotta alla criminalità organizzata.

A stigmatizzare le parole di Gratteri ci ha pensato anche Maurizio Carbone, di Area, secondo cui “quando c’è Gratteri la discussione diventa quasi un referendum”, una forma di “condizionamento che bisogna evitare”. Per non ignorare le “criticità” della sua audizione, dalla quale emerge la figura di un procuratore “padre-padrone che deliberatamente ammette di far a meno del dirigente amministrativo, si sbarazza di personale e polizia giudiziaria e anche degli aggiunti”. Un “uomo solo al comando” che svolge il proprio lavoro “alla ricerca di un premio, per quanto apprezzabile, alla propria carriera”. A difendere il magistrato calabrese ci ha pensato un conterraneo, Antonino Laganà, che con lui ha condiviso un pezzo di strada in Calabria. Dove c’è “un prima e un dopo Gratteri”: è grazie a lui, ha affermato, che è stata riconosciuta l’unitarietà della ‘ndrangheta. “Dove passa Gratteri arriva una rivoluzione di legalità - ha sottolineato -. La gente in lui ci crede ed è un dato oggettivo”.

Ma la “visione” di Gratteri preoccupa l’indipendente Roberto Fontana, inizialmente propenso a votare per lui - “pur non convincendomi l’autopromozione mediatica”, anche alla luce delle critiche “rispetto ad un tasso di smentite giudiziarie” importante -, ma poi dissuaso dalla sua audizione, dalla quale è emerso un modello di ruolo del procuratore difficilmente applicabile a Napoli. Un dubbio, ha sottolineato, “condiviso anche da molti” che hanno votato per Gratteri, “perché ne abbiamo parlato, ma dicono che è importante mandare un messaggio fuori all’esterno”. Insomma: la gente si aspetta la nomina di Gratteri e non possiamo deluderla. “Un messaggio di politica giudiziaria”, ha sottolineato Fontana, che ha predicato prudenza, “perché rischiamo di scegliere i procuratori in funzione delle aspirazioni dell’opinione pubblica”. Un’aspettativa confermata da Bernadette Nicotra, di Magistratura Indipendente: “Voto Gratteri perché è un simbolo”, ha detto. A scegliere il magistrato di Gerace anche il procuratore generale Luigi Salvato e il vicepresidente Pinelli, che però ha evidenziato l’esigenza di affrontare i fenomeni di grave marginalità sociale non solo con “l’intervento repressivo che è e deve rimanere extrema ratio”, ma soprattutto con “l’intervento educativo”, in un sistema che tutela le “prerogative individuali di tutti i soggetti coinvolti, sia delle vittime sia degli indagati”, “nel rispetto della dignità delle persone”. Un invito alla cautela, insomma.