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di Giovanni Bianconi

Corriere della Sera, 14 settembre 2023

Estraneo alle correnti e conosciuto anche all’estero. “La cosa importante è il coinvolgimento di tutti”. “Mi criticano perché vado troppo in televisione o vado troppo a fare convegni e conferenze e io rispondo: “Voi avete la barca e io non ce l’ho, voi andate in barca ad agosto e io vado a parlare nelle scuole o a presentare libri”. Ognuno col suo tempo libero fa quello che vuole”.

Quando lavora, invece, “dal lunedì al sabato io sono allenato a fare cinque-sei-dieci riunioni in un giorno, entro la mattina alle 8,15 ed esco la sera, mangio pure in ufficio e mentre mangio c’è quello che viene a parlarmi e io gli dico “Dì tu che poi ti rispondo”, per abbattere i tempi. La Procura è questa, non puoi lavorare con l’orologio, io non ce l’ho”.

Parlava così Nicola Gratteri, nel maggio scorso, al Csm che doveva scegliere il procuratore di Napoli, e ieri l’ha nominato a grande maggioranza: il fronte laico-togato di centro-destra compatto (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia insieme a Magistratura indipendente) più qualche voto sparso. In quelle frasi c’è l’autoritratto del pubblico ministero anticrimine (e non solo antimafia) più noto d’Italia; per via delle indagini svolte sulla ‘ndrangheta in oltre trent’anni di lavoro, ma anche per i libri pubblicati a una media di uno all’anno, le interviste e le apparizioni in tv.

Un magistrato conosciuto in tutto il mondo non solo per le inchieste che lo hanno portato in ogni continente, per i blitz da decine o centinaia di arresti, per i maxi-sequestri di droga, ma anche per la sua attività di conferenziere. Oltre trent’anni di lavoro serrato in Calabria - prima a Locri e Reggio Calabria dove divenne procuratore aggiunto, e dal 2016 come procuratore di Catanzaro - che gli hanno garantito popolarità e stima, e ora gli consentono di entrare nel club delle “grandi Procure”, quelle che contano. E che però gli sono pure valsi attacchi dall’interno e dall’esterno della magistratura. Ai quali lui ha sempre risposto a tono.

“Ci sono diffamatori di professione, ma ci sono anche migliaia di persone a cui abbiamo dato speranza, e ora la gente denuncia. Io ho due o tre giornali che mi diffamano quotidianamente - ha detto ancora al Csm -, ma c’è una certificazione del 2022 dove si attesta che non c’è nessuna ingiusta detenzione, dal 2016, attribuibile alla Procura di Catanzaro. Ovviamente non posso rispondere ad avvocati, indagati o imputati agli arresti domiciliari che chiamano in Parlamento e dettano interrogazioni parlamentari”.

Parole che hanno suscitato la protesta di alcuni deputati (di Italia viva, +Europa e Forza Italia), rimasta senza effetti nell’aula del Csm. In cui ha prevalso, traslato dalla maggioranza di governo, il significato legalitario e per certo securitario della nomina. In relazione al contrasto alla criminalità nelle sue varie forme (tornata d’attualità in questi giorni a Caivano), e per le idee più volte espresse dal neo-procuratore sulle carceri o altre questioni, o per i giudizi poco teneri sulle correnti della magistratura, alle quali è sempre stato estraneo. “Simbolo” della lotta al crimine e “vera essenza di servitore dello Stato che ha sacrificato la propria libertà personale”, l’hanno definito i sostenitori laici e togati. Sottolineandone le “attitudini” non solo alle indagini antimafia ma pure in quelle sulla pubblica amministrazione; e a Napoli e in Campania dove da anni governano Giunte appoggiate dalla sinistra, al centrodestra non può certo dispiacere un procuratore abituato a guardare in tutti i cassetti.

La sinistra giudiziaria, raccogliendo qualche preoccupazione proveniente proprio dalla Procura (e dall’avvocatura, in verità), ha paventato il rischio di affidare l’ufficio inquirente più grande d’Europa (9 aggiunti e 102 sostituti) a un “capo-padrone” uso ad allontanare investigatori e collaboratori non graditi. Sebbene lui stesso abbia spiegato al Csm di sapere e volere fare il gioco di squadra: “La cosa importante è il coinvolgimento di tutti, se dobbiamo lavorare un punto di incontro sull’indagine lo troviamo, l’importante è che tutti devono lavorare. L’unica cosa che non consento è che nell’ufficio ci sia un venti per cento di magistrati che non lavora, che qualcuno arrivi in ufficio alle 10 di mattina, o che arrivi martedì mattina e se ne vada giovedì pomeriggio. Questo non lo consento a nessuno”. Sembra di sentire la premier Giorgia Meloni quando ha detto ai suoi parlamentari: “So chi di voi lavora e chi no, chi sostituisce i colleghi in commissione e chi sta sempre con il trolley in mano, quando voi avete fatto una cosa io ne ho già fatte due”. Invece è il nuovo procuratore di Napoli.