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di Giuseppe Legato

La Stampa, 18 ottobre 2023

Il neo procuratore di Napoli: “Combatterò la mafia più antica, che in provincia è simile a quella calabrese. Rappresentiamo lo Stato e dobbiamo dare risposte ai cittadini che non vogliono convivere con la camorra”. Quando iniziò, più di 35 anni fa ormai nella “sua” Calabria, trovò “una mafia che aveva intuito l’importanza del traffico di cocaina e che stava chiudendo la fase dei sequestri di persona”. L’ha lasciata da pochi giorni “che ormai è presente in 50 paesi grazie alle asimmetrie normative che caratterizzano l’azione di contrasto globale alle organizzazioni mafiose”. Ha attraversato l’upgrade, la darwinizzazione delle cosche calabresi: dalla maxi operazione Crimine “che ha permesso di dimostrare l’unitarietà della ‘ndrangheta” a Glicine Acheronte “che ha raccontato una realtà in grado di arruolare hacker e di investire in piattaforme clandestine di trading”.

Si insedia dopodomani il nuovo procuratore di Napoli Nicola Gratteri, una vita sotto scorta, a combattere e raccontare, anche con nuovi linguaggi e narrazioni, una mafia che sembrava di serie B e invece si è presa il mondo. La nuova sfida è la procura più grande d’Europa, dalla camorra a Caivano, “ma Napoli non è solo questo nonostante certe rappresentazioni cinematografiche”.

Dottor Gratteri, che mafia troverà in Campania?

“Una più visibile, che vive più per strada rispetto alla ‘ndrangheta. È la mafia più antica che però in provincia non è poi molto diversa da quella calabrese. Ovviamente, mi metterò a studiare per non farmi trovare impreparato. Ma comunque potrò avvalermi di colleghi intelligenti e preparati e di investigatori capaci e tenaci. Il nostro è un lavoro di squadra”.

Cosa porterà del metodo Gratteri a Napoli per combattere la camorra?

“Non sono tanto megalomane da pensare di aver introdotto un metodo che prima non esisteva. Per il resto nelle indagini non guardo in faccia nessuno. Vado avanti dritto, senza tentennamenti. Rappresentiamo lo Stato e dobbiamo dare risposte ai cittadini che non vogliono convivere con la camorra. Nonostante certa rappresentazione cinematografica, Napoli non è solo questa mafia o conflitto tra il male e il peggio. Ci sono tantissime persone che vogliono riscattare la propria terra dal malaffare e dalla criminalità organizzata”.

Basta il decreto del governo per rispondere alle istanze di giustizia della gente di Caivano e in generale alle Caivano d’Italia?

“Bisogna liberare i territori dalla paura e dai bisogni; bisogna investire nelle scuole e nella ricerca. Bisogna strappare i giovani dalla marginalità, creando prospettive di sviluppo. Le manette e le sentenze non bastano”.

In procura, a Napoli, non tutti hanno preso bene una parte del suo discorso alla Quinta Commissione del Csm. Ci spiega questa storia di una parte di pm fannulloni e depressi?

“Non mi riferivo certamente ai colleghi di Napoli, ma in generale al mio metodo di lavoro. Io non guardo l’orologio. Ho soltanto detto che la mattina quando arrivo in ufficio mi piace vedere tutti al lavoro. A Napoli c’è tanto lavoro da fare. E faremo di tutto per non deludere le aspettative della gente che mi sta tempestando di email”.

Stupito da alcuni distinguo del Csm sulla sua nomina?

“No, anche se ho sentito alcuni componenti dichiarare delle cose completamente false, come la mia candidatura a Milano che sarebbe stata bocciata. Non ho mai fatto domanda per diventare il procuratore di Milano”.

La sua partenza dalla Calabria è vissuta da una larga fetta sociale legata all’antimafia con preoccupazione. Gratteri senza eredi?

“Questo non è vero. A Catanzaro ci sono magistrati di altissimo livello che continueranno a mantenere alta la guardia nella lotta contro la ‘ndrangheta”.

Aveva annunciato che avrebbe fatto domanda a Milano e, alla fine, non l’ha presentata. Ha partecipato alla corsa per la Dna e le è stato preferito, al Plenum, Giovanni Melillo. Per non parlare di quando le avevano chiesto di diventare ministro della giustizia del governo Renzi. Ce l’hanno tutti con lei o si sente di fare qualche autocritica?

“Solo chi mangia fa molliche. Ho fatto sicuramente degli errori in quasi quarant’anni di carriera. Ma sempre in buona fede. Forse avrei potuto fare di più, ma ce l’ho messa tutta. Napoli non è una rivincita, mi ha fatto molto piacere, è una procura importantissima”.

Nella percezione dell’opinione pubblica lei è persona autentica e preparata, ma anche divisiva. Gratteri come si considera?

“Non saprei, ad alcuni non sono simpatico. Ma non è un mio problema. Sono pagato per lavorare non per il consenso delle persone. Ho rispetto per tutti. Ascolto tutti. Ma poi decido. Sono decisionista, è nella mia natura”.

Dicono di lei i suoi detrattori: Gratteri sceriffo e giustizialista…

“Non mi sento affatto un giustizialista. Lavoro sempre con il codice in mano. Se poi essere sceriffo, significa circondarsi di ottimi investigatori, chiamatemi pure sceriffo. Io faccio il magistrato. E lo faccio con passione e determinazione. Ho scelto di fare questo lavoro, così come ho sempre scelto di rimanere in Calabria, la terra dove sono nato”.

Gratteri pm mediatico…

“Questo non lo posso negare. È importante mantenere alta la soglia di attenzione su questioni importanti come la penetrazione delle mafie nel tessuto socio economico”.

Gratteri ha il record di arresti e anche quello di scarcerazioni al Riesame e assoluzioni…

“Questo non è assolutamente vero. Sfido chiunque a dimostrarmelo. Sono in magistratura dal 1986. Di inchieste ne ho fatte tante. E non si sono concluse tutte con scarcerazioni e assoluzioni. Tanto è vero che vengono citate sempre due o tre, a fronte di centinaia di indagini da me svolte”.

Il controcanto è questo: uomo e magistrato libero, esperto, senza correnti, slegato dalla politica e dai poteri intermedi. Preferisce questo ritratto?

“Mi ci riconosco con pregi e difetti”.

Le ventilate ipotesi del governo in materia di giustizia hanno fatto e fanno discutere. Cito il ministro in carica: “L’istituto dell’abuso d’ufficio va abolito”. “Le intercettazioni vanno limitate, costano troppo…”.

“I mafiosi parlano anche al telefono, ma usano anche piattaforme che noi facciamo ancora fatica a bucare”.

Ha detto il 30 dicembre 2022: la riforma Cartabia è la peggiore della storia, andrebbe abolita. Ha parlato di ghigliottina, di regolamento di conti. Dieci mesi dopo si dà ragione?

“Certamente, non rinnego nulla di quello che ho detto. Ripeterei ogni cosa per filo e per segno. Oggi a darmi ragione sono in tanti”.

Ci fa un esempio che più di altri motiva queste sue valutazioni?

“Le riforme devono migliorare la situazione, non peggiorarla. Con la riforma Cartabia si rischia di tornare indietro. E poi ancora nessuno mi ha spiegato, rispetto alla improcedibilità, la creazione di corsie preferenziali solo per reati con detenuti come quelli mafiosi e non per quelli contro la pubblica amministrazione che non avendo imputati detenuti rischiano di non arrivare a processo”.

Quante volte Gratteri ha avuto paura di morire?

“La paura è un sentimento umano. Chi non ha paura è incosciente. Nella mia vita le notizie degli attentati sventati non mi hanno mai condizionato”.

Dica la verità: quante volte ha avuto la sensazione di essere rimasto isolato dallo Stato?

“Non saprei, ma mi sono sempre consolato con l’affetto della gente che mi è sempre stata vicina. Non mi sono mai voltato indietro. Vado avanti. Sono sereno”.