di Gian Antonio Stella
Corriere della Sera, 16 ottobre 2024
L’attuale ministro della Giustizia, Carlo Nordio, quando era pubblico ministero era assai più aperto di oggi, tanto più sulle intercettazioni da secretare e “riassumere”. “Tutto sommato i cittadini hanno il diritto di essere informati”. Lo scriveva nel 1977 l’attuale ministro della giustizia Carlo Nordio. E la citazione è finita nel libro Informazione e giustizia, edito dall’Ordine dei giornalisti, preoccupato dalla piega che stanno via via prendendo gli interventi legislativi (non solo col governo Meloni che ha dato solo un’accelerazione) nei confronti del diritto-dovere di giornali e mass media di dare le notizie. Rifiutando un’idea che piacerebbe forse a tutti i governi ma che fu espressa con brutale chiarezza da Gaetano Polverelli, il “portavoce” del Duce, autore di una famosa direttiva alla stampa del ‘31: “Improntare il giornale a ottimismo, fiducia e sicurezza nell’avvenire. Eliminare le notizie allarmistiche, pessimistiche, catastrofiche e deprimenti”. Traduzione della “smobilitazione della cronaca nera” invocata in una circolare del 1928. E realizzata poi in una direttiva del 1933: “Lo spazio di 30 righe è quello che appare sufficiente perché i giornali possano dare sommaria notizia di un avvenimento del genere...”. Perché “annoiare” i lettori coi resoconti dettagliati di certe malefatte soprattutto se tirano in ballo quelli che Luigi Einaudi aveva bollato nel 1919 come “padreterni”? Poche righe e via. Tutto va bene, madama la marchesa.
Il “vecchio” Nordio, da pm, era assai più aperto di oggi, tanto più sulle intercettazioni da secretare e “riassumere”. Scriveva infatti nel libro “Giustizia” del 1977 che le fughe di notizie erano in fondo “peccati veniali”: “Se la legge consentisse la diffusione delle notizie attraverso un addetto stampa e con comunicati ufficiali, essi (i giornalisti, ndr) avrebbero il materiale dove lavorare, modellandovi i commenti che credono. Invece la riconosciuta ipocrisia del sistema, impedendo formalmente la divulgazione degli atti, consente di fatto l’arbitrarietà delle illazioni più fantasiose”. E proseguiva, bacchettando amabile la vanità di conferenze stampa di poliziotti e carabinieri con tanto di magistrati presenti dopo qualche arresto: “Ma che accadrebbe se i cittadini non vedessero mai i risultati delle forze dell’ordine, o li vedessero soltanto dopo parecchi anni, durante la celebrazione del dibattimento?” Del resto, spiegava, “queste fughe di notizie raramente compromettono le indagini. Si tratta generalmente di circostanze già note agli interessati, di cui, tutto sommato, i cittadini hanno il diritto di essere informati”. Purché siano accompagnate, ovvio, “dalla doverosa precisazione che la presunzione di innocenza vale per tutti”. Grazie Nordio. (Quello di allora).