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di Micol Conte

La Repubblica, 22 giugno 2022

La denuncia delle Ong: abusi e respingimenti illegali. Il governo di Atene segnala di aver bloccato nei primi quattro mesi del 2022 circa quarantamila persone che tentavano di entrare in Europa attraverso il fiume Evros, al confine con la Turchia.

I continui richiami della Corte Europea dei diritti dell’uomo e le denunce delle Organizzazioni Non Governative (Ong) non servono: in Grecia l’accoglienza è sotto attacco. Il governo di Atene segnala di aver bloccato nei primi quattro mesi del 2022 circa quarantamila persone che tentavano di entrare in Europa attraverso il fiume Evros, al confine con la Turchia. Allo stesso tempo nega ogni coinvolgimento nei respingimenti operati alla frontiera proprio nella zona dell’Evros, etichettando le denunce come propaganda turca. Atene ha anche chiesto all’Unione Europea fondi necessari a rafforzare proprio quel versante del confine, dopo avere già unilateralmente dichiarato la Turchia “paese terzo sicuro” per i profughi provenienti dal Bangladesh, dall’Afghanistan, dal Pakistan, dalla Somalia e dalla Siria.

I respingimenti al confine sono la normalità. Lo scrive, in uno dei suoi ultimi rapporti, il Consiglio greco dei rifugiati, che assieme all’Ong Human Rights 360 ai primi di giugno aveva raccolto la segnalazione di cinquantadue profughi siriani abbandonati per diversi giorni su un’isoletta del fiume Evros. Tra di loro c’erano bambini e persone vulnerabili. Non avevano cibo, acqua, servizi igienici né assistenza. Human Rights 360 aveva messo in allerta le autorità chiedendo di intervenire per proteggerli, ma senza ricevere risposta. E nessuna reazione c’è stata neanche in seguito all’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo.

I profughi deportati in Turchia. “Dopo giorni di silenzio abbiamo saputo che tutti i profughi sono stati portati in Turchia”, racconta Evgenia Kouniaki, di Human Rights 360. “Nella notte del quattro giugno un gruppo di poliziotti, senza luci, ha raggiunto l’isoletta con una barca e li ha arrestati. Gli agenti li hanno portati alla stazione di polizia, poi al fiume e infine li hanno messi sulle barche. Ora sono tutti in Turchia, senza status legale e senza aiuti”. A marzo un gruppo di trentaquattro persone aveva vissuto vicissitudini simili e così a maggio. In entrambi i casi si era mossa anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, invano. Ma il momento più drammatico si è vissuto proprio nel mese di marzo, quando durante una di queste operazioni alla frontiera un bambino di quattro anni è morto annegato nelle acque del fiume.

Il rapporto di Human Rights Watch. In un rapporto recente Human Rights Watch sostiene che la polizia di frontiera stia utilizzando proprio gli immigrati per le deportazioni sommarie. Da una serie di interviste a persone che hanno vissuto l’esperienza del respingimento, è emerso che la gran parte delle volte a riportare i migranti sull’altra sponda dell’Evros sono uomini incappucciati con un passamontagna nero, che parlano l’Arabo o le lingue dell’Asia meridionale. Prima di essere respinti, i migranti vengono privati del cellulare e di qualsiasi strumento che possa servire a documentare gli abusi.

Il governo nega i respingimenti. Il governo nega con fermezza ogni coinvolgimento nei respingimenti e una ricerca condotta dall’Autorità per la Trasparenza sembrerebbe dargli ragione: non c’è nessuna prova delle deportazioni, dunque nessuna prova delle violazioni. L’indagine, conclusa a marzo 2022, era nata in seguito alle denunce dell’organizzazione Lighthouse Report e del settimanale tedesco Der Spiegel. Poi però l’Autorità ha peccato di distrazione: dopo aver reso ufficiali i risultati dell’inchiesta, ha pubblicato online la lista delle persone intervistate, con i relativi contatti. Il file è stato rimosso poco dopo, ma aveva già iniziato a circolare tra gli addetti ai lavori. Così si è scoperto che su sessantacinque voci ascoltate per verificare i respingimenti, solo quattro erano di migranti, solo una proveniva dal mondo delle Ong, nessuna testimonianza dell’Unhcr. Tutti gli altri intervistati erano funzionari di polizia, rappresentanti del mondo della chiesa e delle istituzioni.

Deportazioni di massa per siriani e afghani. Se provvede con deportazioni di massa per siriani e afghani, il governo greco ha invece un occhio di riguardo per quelli che definisce i “veri” rifugiati: gli ucraini. Lo denuncia un rapporto firmato da Save the Children, Oxfam e dal Consiglio greco per i rifugiati. Agli ucraini Atene dedica un efficiente sistema di protezione fatto di sussidi economici, di assistenza sanitaria, di alloggi. La differenza di trattamento è tale che nel campo profughi di Serres, nel nord del paese, alcuni richiedenti asilo afghani hanno dovuto lasciare i propri container per fare spazio agli ucraini.