di Vincenzo R. Spagnolo
Avvenire, 23 ottobre 2024
Dopo il varo in Consiglio dei ministri del decreto legge con la nuova lista di “Paesi sicuri”, di cui peraltro da lunedì ancora non si conosce il testo per esteso, il governo prosegue con la serie di contromosse escogitate per circoscrivere la falla aperta nel funzionamento del Protocollo Italia-Albania dalle ordinanze del tribunale di Roma. E lo fa in un clima di tensione vibrante fra le forze di maggioranza e la magistratura, con l’ennesimo botta e risposta fra esponenti dell’esecutivo e dell’Anm, mentre le opposizioni chiedono a gran voce che la premier Giorgia Meloni vada in Parlamento a riferire sulla situazione.
Secondo alcune fonti, nel testo finale del decreto potrebbe alla fine trovare posto pure una nuova norma per introdurre il ricorso in Corte d’Appello contro le ordinanze del tribunale sul trattenimento dei migranti nei centri (che finora possono essere impugnate solo in Cassazione). Sui principi cardine del decreto, in attesa di conoscere il dettato delle norme, già avanzano dubbi diversi giuristi, ipotizzando che della questione in futuro possa essere interessata la Consulta. Inoltre il Viminale ha dato mandato all’Avvocatura di Stato di presentare un ricorso in Cassazione contro le ordinanze della sezione immigrazione del tribunale di Roma che non hanno convalidato il trattenimento di 12 migranti egiziani e bengalesi a Gjader, uno dei due centri italiani costruiti in Albania. L’ordinanza “è errata e ingiusta”, si legge in uno dei ricorsi, relativo a uno straniero proveniente dal Bangladesh. Per gli avvocati dello Stato, “l’ordinanza deve essere cassata non solo per essersi fondata su una ricostruzione normativa errata”, ma anche per aver omesso “di indicare le ragioni in fatto che hanno condotto il Tribunale ad affermare, sulla base di detta ricostruzione, che il Paese di origine dell’odierno intimato non fosse sicuro per quest’ultimo”.
Il timore di “un contenzioso seriale” - Nei fatti, l’incubo che agita il Viminale, e in definitiva l’intero governo, è che pronunce analoghe ora si susseguano, tanto da sollecitare - nei suddetti ricorsi - una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione che dia una linea univoca, “in modo da pervenire quanto prima a una interpretazione che scongiuri l’ulteriore moltiplicarsi di un contenzioso seriale e una situazione di incertezza interpretativa” tale da pregiudicare “il buon funzionamento dell’attività amministrativa di governo del flusso di migranti e dell’esame delle domande di protezione internazionale”. Peraltro, più di un mese fa, i giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma hanno rivolto un interpello alla prima sezione civile della Cassazione, affinché si pronunci in merito alla possibilità di agire autonomamente o di doversi attenere alla lista dei Paesi sicuri stilata dal ministero degli Esteri. La richiesta (avvenuta prima della sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre) potrebbe avere risposta il 4 dicembre.
Le opposizioni: Meloni riferisca alle Camere sul “dl fantasma” - In Parlamento, intanto, le opposizioni chiedono in coro che la premier si presenti al più presto alle Camere per riferire sia sull’applicazione e sui costi del protocollo con l’Albania che sul nuovo decreto. A dare il la alle richieste è il Pd, con la capogruppo alla Camera Chiara Braga, che sollecita “un’informativa urgente della presidente del Consiglio sul decreto fantasma licenziato ieri dal Cdm”. spiegare “cosa sta scritto in quel decreto e cosa può aggiungere al diritto europeo, che è chiaro e vi dice che non si possono rimpatriare persone se i paesi non sono sicuri in tutte le loro parti”.
Nuove frizioni fra Lega e Anm - Nel frattempo, non accenna a raffreddarsi il clima di scontro fra le forze di governo e la magistratura associata. La Legacontinua a punzecchiare l’Anm: “È auspicabile che, ricordando alcuni scandali come quelli Palamara, Apostolico e Patarnello, sappia finalmente fare autocritica per trovare equilibrio e moderazione - si legge in una nota sferzante -. Dalle toghe ci si aspetta che applichino la legge, che non cerchino di ribaltare il voto popolare e che la smettano di fare comizi sfruttando ruolo e impunità. Lascino governare chi è stato scelto dagli italiani: se vogliono fare politica si dimettano e si candidino col Pd”. Dal canto suo, l’Associazione nazionale magistrati, indignata per le affermazioni dell’altra sera da parte del Guardasigilli Carlo Nordio sull’operato dei giudici romani (“La sentenza della Corte europea è molto complessa e scritta in francese, probabilmente non è stata ben compresa o ben letta”) lamenta atti di “dileggio”, chiedendo con forza il rispetto della “giurisdizione come esercizio di una funzione autonoma ed indipendente”.
Tensioni in seno al Csm - E le fibrillazioni politiche si riverberano anche dentro Palazzo dei Marescialli. I membri togati del Consiglio superiore della magistratura (con 16 firme di esponenti delle correnti di Area, Magistratura democratica e Unicost, più gli indipendenti Fontana e Mirenda, ma senza quelle di Magistratura indipendente, corrente di centrodestra) hanno depositato la richiesta di apertura di una pratica a tutela dell’indipendenza e dell’autonomia dei giudici capitolini, lamentando che “le critiche alle decisioni giudiziarie non possono travalicare il doveroso rispetto per la magistratura”.
A loro volta, i consiglieri laici di centrodestra del Csm chiedono al comitato di presidenza l’apertura urgente di una pratica nei confronti del sostituto procuratore della Cassazione Marco Patarnello, il magistrato che il 19 ottobre ha inviato la criticata mail di considerazioni sulla premier Meloni nella piattaforma dell’Anm, innescando un caso politico. I consiglieri chiedono di valutare la sussistenza dei presupposti per richiedere l’attivazione di un’azione disciplinare e l’eventuale trasferimento di ufficio del magistrato.