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di Luca Sablone

Il Riformista, 23 ottobre 2024

Il ministero dell’Interno dà mandato all’Avvocatura di Stato contro il decreto del Tribunale di Roma. Le opposizioni si compattano: “Meloni chiarisca in Aula”. Prima il nuovo decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri per blindare i rimpatri, ora la battaglia in Cassazione contro il provvedimento della sezione immigrazione del Tribunale di Roma. Il braccio di ferro tra il governo e le toghe sul trattenimento dei migranti nei centri di permanenza in Albania è solo alle prime battute. Il ministero dell’Interno, facendo leva sulla mancata applicazione della norma italiana sui paesi sicuri, ha dato mandato all’Avvocatura di Stato per preparare il ricorso.

La decisione dei giudici viene definita “errata e ingiusta”, accusando l’ordinanza di essere “viziata per aver fatto mal governo delle norme che regolano la designazione di paese di origine sicura” e soprattutto per aver “travisato il contenuto e la portata della sentenza della Corte di Giustizia Ue” del 4 ottobre 2024. In sostanza, è il ragionamento, bisognava valutare caso per caso i motivi per cui il richiedente asilo non poteva essere riportato nel suo Stato d’origine. E viene scritto nero su bianco che il decreto di trattenimento doveva essere convalidato, considerando che - si legge - il richiedente “proviene da un paese di origine sicuro che è tale in tutto il suo territorio e che non sussistono i gravi motivi per ritenere che quel paese non sia sicuro per lui”.

L’obiettivo del governo è quello di evitare una serie infinita di contenziosi, visto che una situazione di incertezza interpretativa rischia di “pregiudicare il buon funzionamento dell’attività amministrativa di governo del flusso di migranti e dell’esame delle domande di protezione internazionale”. Perciò lunedì sera il Cdm ha dato il via libera al nuovo testo che, di fatto, “potenzia” l’elenco dei 19 paesi di origine sicuri grazie a un atto con forza di legge. Diventa così fonte primaria. Ne fanno parte Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia; invece restano fuori Camerun, Colombia e Nigeria. Ma l’avvocato Paolo Iafrate, che assiste un migrante originario del Bangladesh, obietta: “Non si può dire che il paese sia sicuro in tutto il suo territorio”. Irritata la replica del vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini: “È stato arrestato nelle Marche uno stupratore del Bangladesh. Visto che un giudice lo ritiene un paese non sicuro, che facciamo? Gli offriamo un pezzo di focaccia col formaggio di Recco?”. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ostenta ottimismo: “Offriamo un parametro che sia l’applicazione di una legge rispetto a qualche ondivaga interpretazione”. Ma bisognerà vedere se la posizione del governo sarà davvero rafforzata di fronte alle norme del diritto europeo.

Le opposizioni, almeno per una volta, si compattano e giurano barricate in Parlamento. Partito democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, Azione, Italia Viva e +Europa chiedono a Giorgia Meloni di riferire in Aula con un’informativa urgente per fare chiarezza sull’accordo con Tirana e sulle ultime misure varate a Palazzo Chigi. Chiara Braga, capogruppo del Pd alla Camera, parla di “decreto fantasma” e invita la presidente del Consiglio a rendere conto “di questo spettacolo indecoroso e ridicolo”. Altrettanto al veleno le critiche di Carlo Calenda, secondo cui non cambierà nulla perché il giudice potrà sempre impugnare sulla base di ciò che stabilisce la Corte di Giustizia europea. “Ridicolaggine, è un gran rumore sul nulla. Meloni è molto furbacchiotta”, tuona il leader di Azione. Avs presenta un’interrogazione su costi, navi e personale.

Le polemiche sul protocollo Italia-Albania si trascinano anche in Europa. I socialisti e democratici al Parlamento Ue ribadiscono il netto “no” a ogni proposta di esternalizzare la politica di asilo e rimpatri. Iratxe García Pérez, presidente del gruppo S&D, mette le mani avanti: “Siamo molto preoccupati dal fatto che von der Leyen voglia adottare questa strategia. Voglio dirlo in maniera diretta: così non può contare sul nostro sostegno”. Parole che suonano come un avvertimento per Ursula: una linea del genere sull’immigrazione pone in salita la strada del voto per la Commissione. E, addirittura, potrebbe compromettere l’appoggio al voto di fiducia. Intanto resta in piedi l’ipotesi di un elenco di paesi sicuri a livello Ue, ma servirà tempo e la discussione si preannuncia già complicata.