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di Leone Grotti

Tempi, 12 giugno 2023

Ex detenuti tra i 14 e 20 anni, in prigione per le proteste pro democrazia del 2019, raccontano la loro routine tra marce militari, film di propaganda, confessioni pubbliche, pene corporali e lavaggio del cervello. Hong Kong ha lanciato una campagna di deradicalizzazione in carcere per fare il lavaggio del cervello ai tanti giovani arrestati dopo aver partecipato alle proteste di massa del 2019. La “riabilitazione mirata”, questo il nome ufficiale del programma del quale il governo non ha mai fornito dettagli, è già stata testata al 30 aprile su 871 giovani, alcuni appena 14enni. Il programma, secondo quanto riportato al Washington Post da 10 ex detenuti e 2 guardie, comprende marce militari, letture di propaganda, sessioni pubbliche di autocritica e punizioni per chi non dimostra di essere cambiato. Nel novero di queste ultime rientrano anche pene corporali e periodi di isolamento.

Chi manifesta “è come Boko Haram” - La vita in prigione dei ragazzi che devono essere deradicalizzati inizia con il passo dell’oca: seguendo i comandi delle guardie, i giovani devono marciare in cortile in uniforme beige come i soldati dell’Esercito popolare di liberazione. Seguono sessioni di lavaggio del cervello: i partecipanti al movimento di protesta per la democrazia, al quale si unirono fino a un terzo dell’intera popolazione di Hong Kong, vengono paragonati ai drogati, ai terroristi islamici della Nigeria e agli stragisti di estrema destra di Norvegia e Nuova Zelanda. Le manifestazioni popolari sono definite messinscene finanziate e manipolate dall’estero. Non manca mai, negli interrogatori quotidiani, la domanda: “Quanto ti hanno pagato?”.

Film di propaganda e confessioni pubbliche - Ogni giorno le guardie devono mandare un rapporto ai superiori su ciascun detenuto per descrivere la loro giornata e i loro eventuali “progressi”. Anche i ragazzi, tutti sotto i 21 anni, devono scrivere rapporti. Dopo l’ennesima visione del film di propaganda comunista La battaglia del lago Changjin sulla guerra di Corea, ad esempio, devono indicare chi è il loro personaggio preferito e perché. Seguono anche lezioni per imparare la “vera” storia cinese e video promozionali sui benefici della legge sulla sicurezza nazionale, quella che dal luglio 2020 ha completamente azzerato le principali libertà civili a Hong Kong.

In determinate occasioni, i detenuti devono scrivere lettere di scuse, indirizzate alla famiglia o alla madrepatria cinese, e leggerle ad alta voce davanti ai parenti, alle guardie o agli altri detenuti. Le sessioni con gli psicologi, secondo uno dei professionisti impiegati dal carcere, hanno come obiettivo quello di far “confessare” i giovani, spingendoli a provare rimorso per la propria condotta politica e a convincersi di essere estremisti.

“Lavaggio del cervello 24 ore su 24” - “Ci dicevano esplicitamente che l’obiettivo, alla fine del percorso, è instillare nei giovani il desiderio di disinteressarsi della politica e di trovare modi di andarsene da Hong Kong”, spiega una ex guardia. Un detenuto che ha finito di scontare la sua pena racconta: “Ciò che piega lentamente la tua volontà è la vita di tutti i giorni in carcere. È il lavaggio del cervello che subisci 24 ore su 24”.

Chi si ribella o non fa abbastanza progressi viene definito “problematico” e punito di conseguenza. Come prima ritorsione le autorità carcerarie sequestrano e non consegnano le lettere di amici e parenti per far sentire il detenuto isolato. Poi mettono i riottosi in isolamento. Un 20enne racconta di essere stato colpito 40 volte con un bastone sulle suole dei piedi dalle guardie per non aver saputo recitare a memoria le 19 regole del carcere. Altri dicono di aver ricevuto ginocchiate e gomitate.

“Non c’è più niente da fare per Hong Kong” - I giovani intervistati dal Washington Post (tutti tranne uno) non sono pentiti di essersi battuti per la democrazia e assicurano di non essere cambiati dopo la detenzione. Tutti però confermano di sentirsi senza speranza e di volersi ritirare dalla politica attiva. Spiega Man (nome di fantasia): “L’odio che provo verso il regime comunista è più grande di prima. Ma ho anche paura delle autorità ora e quando vedo un poliziotto mi giro dall’altra parte. Cerco di non immischiarmi in politica. Tanto non c’è niente che possa fare”.