di Linda Laura Sabbadini
La Repubblica, 11 febbraio 2023
Siamo la terza economia in Europa, ma la nostra popolazione ha basse competenze nella digitalizzazione. E si rischia di aumentare le diseguaglianze. La digitalizzazione avanza nel Paese. È una priorità del Pnrr. In 10 anni gli utenti di internet sono passati da 29 a 44 milioni. Le differenze di genere nella popolazione fino a 60 anni si sono azzerate.
Nord e Sud si sono riavvicinati. La quasi totalità dei lavoratori usa Internet. I valori più bassi si evidenziano tra operai e lavoratori in proprio che nel 12% dei casi non lo utilizzano. I bimbi da 6 a 10 anni hanno fatto un balzo con la pandemia di 27 punti anche grazie alla didattica a distanza. Tuttavia permangono importanti criticità. Innanzitutto, perché gli ultrasettantacinquenni ne sono esclusi. Solo il 17% usa Internet. Ma c’è un altro grave problema, le basse competenze della popolazione. Oltre la metà dei cittadini non dispone di competenze digitali di base. Anche tra i giovani.
Siamo la terza economia in Europa ma ci collochiamo al venticinquesimo posto per capitale umano impiegato specificamente in questo ambito. Abbiamo pochi laureati, in generale, e in particolare in Ict, nell’area delle nuove tecnologie. Soltanto l’1,5%, 5 punti in meno della media europea. Meno lavoratori specializzati e con differenze di genere elevate. Le donne sono solo il 16% degli specialisti Ict. Il basso tasso di iscrizione a questi corsi di laurea frena le prospettive di crescita futura. Meno laureati vuol dire meno lavoratori futuri all’altezza delle sfide nel settore e in tutto il mondo del lavoro. Il rafforzamento delle competenze digitali e lo sviluppo del capitale umano sono punti cruciali. Senza non sarà possibile garantire una trasformazione digitale veramente inclusiva e all’altezza delle necessità. E la stessa digitalizzazione incontrerà ostacoli a svilupparsi. Non potrà che essere meno incisiva. E invece di diventare una opportunità per tutti, e garanzia di democrazia, può trasformarsi in motivo di ulteriori diseguaglianze e di indebolimento della stessa democrazia.
Se non si potenzieranno le competenze, non crescerà la consapevolezza nell’utilizzo e sarà più facile essere truffati, diventare vittima di qualsiasi raggiro o violenza e anche delle fake news. La consapevolezza cresce con lo sviluppo delle competenze.
L’educazione all’uso delle nuove tecnologie è parte stessa dell’istruzione e, insieme alla partecipazione, è un ingrediente fondamentale per l’esercizio della democrazia. Se non sapremo intensificare gli sforzi per la crescita di una vera alfabetizzazione informatica, la digitalizzazione stessa non potrà svilupparsi adeguatamente.
Investire in formazione, soprattutto nell’ambito Ict, è il presupposto per sviluppare il pensiero critico, per dare spazio alla creatività in tutti i sensi, sia essa scientifica, artistica o tecnologica. Il potenziale offerto dalle nuove tecnologie per lo sviluppo della democrazia è grande, ma ci vuole un governo consapevole del processo. Senza un allargamento significativo dell’utenza e della sua competenza i rischi diventeranno maggiori delle grandi opportunità.
Abbiamo bisogno di dar corpo ad una cittadinanza attiva anche su questo terreno; di far sì che Internet sia sempre di più una grande risorsa per la democrazia. Dobbiamo farlo, sviluppando skill utili ad esercitare i diritti di cittadinanza digitale e garantire una partecipazione democratica più ampia possibile. Sapere è potere. Non stiamo facendo abbastanza per chi non sa o sa troppo poco. Un Paese democratico non può non promuovere la crescita dei saperi dei cittadini, specialmente su quegli aspetti che rappresentano il modo in cui si eserciterà il potere in un futuro molto prossimo. Altrimenti l’esercito degli esclusi si ingrosserà. E il potere di pochi aumenterà.