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di Giorgia Linardi

La Stampa, 25 aprile 2023

“Amate la libertà per la quale tanti sono morti” scriveva nei suoi diari Jacopo Lombardini, antifascista ucciso a Mauthausen il giorno della liberazione dal nazifascismo. Il 25 aprile 2023 ci si sveglia con la notizia di altre decine di persone morte inghiottite dal Mediterraneo per amore della libertà.

Almeno cinque i naufragi davanti alle tre coste - italiana, libica e tunisina - che disegnano le punte del letale “triangolo delle Bermuda” nel Mediterraneo. Tre verificatisi non lontano da Lampedusa, in cui risultano disperse oltre 20 persone, mentre un giovane è arrivato privo di vita sull’isola. Trentaquattro corpi sono stati trovati sulla spiaggia libica di Sabratha, uno dei principali punti d’imbarco verso l’Europa. La guardia costiera tunisina ha rinvenuto i corpi di 30 persone vittime di naufragi tra cui due donne e due bimbi - tutti in stato di decomposizione, al punto da rendere impossibile identificarli e capire a quali e quanti naufragi siano collegati.

La sola certezza è che la rotta che vede sempre più subsahariani partire da Sfax - soprattutto dopo che il presidente Saied ha dichiarato loro guerra parlando di un complotto di sostituzione etnica in corso nel Paese, che ha scatenato una vera e propria “caccia all’uomo nero” - è ormai un’ecatombe. Le persone si imbarcano spesso su gusci di noce metallici, particolarmente a rischio di ribaltamento, e continueranno a farlo perché per loro non c’è nulla in Tunisia: un Paese dilaniato dalla crisi economico-sociale che, con il 40% di disoccupazione giovanile e i beni di prima di necessità come farina, olio e zucchero che scarseggiano quando non spariscono dai banconi di botteghe e supermercati, ora vede anche il razionamento dell’acqua. In queste condizioni, i tunisini stessi sono in fuga da anni, mentre per i migranti non esiste nemmeno una legge nazionale sull’asilo, che possa garantire il rispetto dei loro diritti fondamentali.

In Italia, invece, il decreto migranti ormai noto come “decreto Cutro” calpesta lo strumento di protezione più prezioso e maggiormente utilizzato nel nostro Paese: la protezione speciale. Il voto della maggioranza in Senato ne ha determinato la stretta che condannerà migliaia di persone all’irregolarità. Ciò mentre si prevede l’arrivo di altre persone bisognose di protezione, alla luce del feroce conflitto che dal 15 aprile infiamma Khartoum, la capitale sudanese che conta oltre 10 milioni di abitanti, sotto attacco in queste ore in una regione che conta già decine di migliaia di sfollati e un flusso migratorio costante verso i Paesi limitrofi e l’Europa, per via delle condizioni d’instabilità del Paese.

Un 25 aprile segnato dalla stretta italiana sull’immigrazione, a scapito dei nostri obblighi costituzionali per come riconosciuti proprio dal ‘45, quando si istituì il sistema internazionale a tutela dei diritti umani. La protezione speciale, infatti, fa riferimento all’insieme di obblighi costituzionali e internazionali dell’Italia e difende in particolare il diritto alla vita privata e familiare, protetto dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani.

Questo tipo di protezione, che si aggiunge allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria prevista dalla normativa europea, è particolarmente prezioso - oltre che il più utilizzato - poiché riconosce il diritto di una persona a restare anche sulla base della propria integrazione in Italia, dal momento che si fonda sull’esistenza di legami sociali, familiari, lavorativi che indicano un radicamento nella società. Sulla base di questi elementi, la protezione speciale ha contribuito alla regolarizzazione di migliaia di persone nel nostro Paese. Una forma di protezione che premia l’integrazione, ma che la maggioranza di governo punta a eliminare per servire ancora una volta la propaganda politica, come avvenuto nel 2018 con il primo decreto sicurezza salviniano che aveva ridotto a fantasmi migliaia di persone eliminando l’allora protezione umanitaria.

I diritti strappati ai migranti sono i diritti della comunità umana e vanno difesi con tutte le nostre forze: vale la pena ricordarlo proprio oggi, giorno in cui si ricorda la liberazione da un regime oppressore che si nutriva voracemente dei diritti e della dignità delle persone, e coloro che morirono per difendere quei diritti e per la nostra libertà.