di Massimo Gaggi
Corriere della Sera, 6 gennaio 2023
I rapidi progressi nel digitale, la guerra in Ucraina e l’inasprirsi del confronto tra Usa, Cina e Russia hanno fatto cadere i veti di un numero crescente di imprese informatiche che avevano proibito l’uso delle loro tecnologie per impieghi militari e di spionaggio.
Da anni governi e aziende sono alle prese con aggressioni ai loro sistemi informatici: spionaggio elettronico, veri e propri episodi di cyberwar o la miriade di attacchi di hacker che chiedono un riscatto per restituire ai legittimi proprietari delle reti quello che hanno sequestrato criptando tutti i loro dati. Di recente, però, i rapidi progressi nel digitale, la guerra in Ucraina e l’inasprirsi del confronto degli Usa con Cina e Russia hanno fatto cadere i veti di un numero crescente di imprese informatiche che avevano proibito l’uso delle loro tecnologie per impieghi militari e di spionaggio. Ne sono derivati una formidabile spinta allo sviluppo di nuove tecniche di sorveglianza e un rapido incremento delle attività di spyware con la loro straordinaria diffusione anche nei Paesi democratici.
Fino a qualche tempo fa, quando si parlava delle più sofisticate e implacabili tecniche di sorveglianza digitale si pensava al regime di Pechino. La Cina di Xi ha effettivamente creato una rete capillare di controllo informatico dei suoi cittadini e, addirittura, di rating della loro “buona condotta”, in base ai parametri di questo regime autoritario.
Ormai, però, sistemi come Pegasus, una tecnologia sviluppata da un’azienda israeliana che consente di penetrare nel software di cellulari e computer e di leggere messaggi o ascoltare conversazioni prima che i relativi dati siano criptati, vengono usati a tappeto da un gran numero di Stati. Hanno cominciato le dittature che, usando queste tecnologie, individuano e colpiscono i dissidenti, ma ormai se ne servono anche molti Paesi formalmente o realmente democratici, dall’Ungheria alla Spagna, dal Messico alla Thailandia.
Usano queste tecnologie a fini antiterrorismo, ma a volte anche per sorveglianza, spesso nascondendosi dietro lo schermo di società private: il fenomeno più nuovo e inquietante è la diffusione di veri e propri mercenari dello spionaggio elettronico che gestiscono in outsourcing aspetti importanti della sicurezza nazionale degli Stati e, grazie alla loro flessibilità e capacità tecnologica, riescono a essere più efficienti e anche meno compromettenti per i governi che li reclutano. Lavorano per grandi gruppi privati quanto per i governi, sono poco visibili e spesso operano da Paesi diversi da quelli nei quali svolgono attività di spionaggio, diventando, così, difficilmente perseguibili.