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di Lidia Ginestra Giuffrida

Il Manifesto, 17 settembre 2023

Situazione esplosiva sull’isola. Morta una neonata. Trasferimenti, nuovi arrivi e il “no alla tendopoli”. Oggi von der Leyen e Meloni in visita. A Lampedusa riprendono gli sbarchi, continuano i trasferimenti e sale la tensione. E si deve registrare l’ennesima vittima: una neonata. “Non mangio da ieri mattina, nell’hotspot siamo come animali lì, la spazzatura ci arriva alle costole. Continuiamo a dormire fuori perché dentro non si può neanche respirare”, racconta Alì, ragazzo tunisino. Fuori dal centro di Contrada Imbriacola la gente continua a dormire accasciata a terra o in qualche brandina. È stanca, affamata e ha bisogno di andare in paese. La tensione sale a ogni annuncio di pasti o trasferimenti.

Ma lo stress è alto anche tra i lampedusani. Ieri un gruppo di loro si sono ritrovati in piazza per protestare dopo l’annuncio di due nuove tensostrutture in arrivo sull’isola. Alcune donne hanno bloccato un tir della Croce Rossa che trasportava acqua e cibo. “Abbiamo pagato e trasportato merendine e bevande per non creare disagio ai migranti, ma con la nostra azione abbiamo fatto capire di non aver paura di fermare un tir, di ricevere il questore, Meloni o von der Leyen. Bloccheremo la costruzione della tendopoli e finché l’isola non sarà bypassata noi resteremo qui”, esorta l’attivista lampedusano Giacomo Sferlazzo, durante la protesta in cui era presente anche il vice sindaco leghista Attilio Lucia.

“Lampedusa in questi giorni ha dato grande prova della sua umanità. Ma è assurdo far arrivare e concentrare qui più di 11mila persone in quattro giorni. È ovvio che questo trasforma l’isola in un carcere a cielo aperto, come avvenuto nel 2011”, dichiara Giusi Nicolini, ex sindaca Pd che si rifiuta di prendere parte alla protesta. “Lampedusa è teatro di un’emergenza creata ad hoc. Le reazioni dissennate del contesto sociale dove quest’emergenza impatta sono funzionali alla propaganda politica delle destre, servono a far partire la campagna elettorale per le europee. Il fatto che per 11mila persone si invochi l’Ue e si continui a usare questa retorica della mancanza di solidarietà europea è una vergogna. Il governo Meloni avrebbe dovuto chiedere scusa a quest’isola già da tempo. Lampedusa non può essere un’arma di ricatto contro l’Europa”, conclude.

Nel pomeriggio di ieri la protesta è continuata con un corteo capitanato dal vicesindaco che si è recato al porto commerciale per fermare il presunto arrivo delle tensostrutture. “I lampedusani sono stanchi. Sono 30 anni che assistiamo a questo scenario. Vogliamo due semplici navi in modo che questi arrivino e se ne vadano”, dice Lucia prendendosela con il governo del suo stesso colore politico.

Intanto sempre al porto le persone migranti attendevano da ore di essere trasferite: “Non so bene cosa stia succedendo, ma sto male psicologicamente. Noi vorremmo solo partire, non vogliamo neanche rimanere in Italia. Siamo tutti stanchi, non ce la facciamo più, siamo senza scarpe, senza niente. Abbiamo fame e sete, siamo grati a Dio di essere vivi ma ora vogliamo partire”, raccontano Hamed e Mohammed, entrambi sudanesi e da sette giorni nell’hotspot di Lampedusa. Ieri tra mattina e primo pomeriggio sono state portate via dall’isola circa 1.500 persone. Per un altro migliaio il trasferimento era programmato in serata. Nell’hotspot rimanevano in 1.796. Durante la giornata sono sono sbarcati in 818 da 18 barchini partiti principalmente da Sfax.

I numeri, comunque, sono in costante aggiornamento. Ad arrivare sull’isola anche il corpo senza vita di una neonata. La madre ha partorito durante il viaggio ma la bimba non ce l’ha fatta. Nella stessa imbarcazione c’erano 24 uomini, 5 donne, di cui due in gravidanza e sei bambini. Oggi sono attese sull’isola la presidente del consiglio Giorgia Meloni, la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen, la commissaria Ue degli affari esteri Catherine Ashton e il presidente della regione Sicilia Renato Schifani.