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di Pierfrancesco Albanese

La Repubblica, 8 aprile 2024

Il report shock dopo la condanna della Corte europea dei diritti umani. Lo studio è stato condotto dal Jean Monnet Lab dell’Università di Bari fra i mesi di marzo e luglio dello scorso anno. Nel novembre 2023 la Corte europea dei diritti dell’uomo condannò l’Italia per il trattenimento di 13 minori non accompagnati nella struttura tarantina.

Passano gli anni, ma non i problemi. Almeno nell’hotspot di Taranto, al centro di un progetto dell’Università di Bari - il Jean Monnet Lab - sul monitoraggio dei diritti umani nelle zone di frontiera. È stato stilato un report sul centro di pre-identificazione dei migranti che evidenzia diverse criticità già registrate anni addietro. Una fra tutte: la “detenzione di fatto” dei minori stranieri non accompagnati.

Lo studio è stato condotto fra i mesi di marzo e luglio dello scorso anno. Nel novembre 2023 la Corte europea dei diritti dell’uomo condannò l’Italia per il trattenimento di 13 minori non accompagnati nella struttura tarantina per quasi due mesi. Allora ci si riferiva a fatti del 2017. Ma da allora, come afferma lo studio del polo barese - realizzato dai professori Giuseppe Campesi, Elena Carletti e Anna Spero - non sono cambiate le sorti dei minori approdati a Taranto.

“Tutte le criticità già registrate dalla corte Edu - è scritto - rimangono sostanzialmente invariate”. Soprattutto per l’isolamento a cui sono sottoposti i minori nel sito. Operativo dal febbraio 2016 nella zona portuale, distante cinque chilometri dal centro cittadino e senza mezzi di trasporto che favoriscano il collegamento. E ancora: presidiato dalle forze dell’ordine, videosorvegliato e circondato da una recinzione. Con controlli, però, spesso elusi dai minori.

Alla mobilità limitata - dovuta anche all’incapacità di organizzare uscite accompagnate - in tanti rispondono, infatti, scavalcando la recinzione e percorrendo un tratto parallelo ai binari. Abitudine ormai consolidata. “Che non si tratti di episodi sporadici, ma di una consuetudine di cui gli operatori e le forze dell’ordine sembrano essere perfettamente a conoscenza - si legge nel report - è dimostrato dalle numerose testimonianze raccolte nel corso della nostra ricerca sul campo, oltre che dal continuo via vai cui è possibile assistere lungo i binari transitando con il treno nei pressi della struttura”. Con evidenti criticità.

“L’hotspot di Taranto - scrivono ancora - continua a essere utilizzato come un hub all’interno del quale i minori stranieri non accompagnati vengono accolti in condizioni di detenzione di fatto per periodi prolungati di tempo”. Non solo la qualità della permanenza, dunque, tra i problemi evidenziati. Ma anche il tempo trascorso nel sito, prolungato - in alcuni casi - persino per mesi, malgrado la struttura non sia attrezzata per lunghi soggiorni, come dimostra l’assenza di attività ricreative e l’inevitabile malessere che ne deriva.

“Gli ospiti - evidenzia lo studio - vivono questo vuoto come fonte di malumori ed amplificatore di una condizione generale di insofferenza ed instabilità”. Acuita anche da altri fattori: la mancata restituzione degli effetti personali come il cellulare, in diversi casi registrata dopo i controlli all’ingresso, la scarsa attenzione alle abitudini alimentari influenzate dalla cultura di appartenenza - “durante il mese del Ramadan portano il cibo con cui non possiamo fare il digiuno”, lamenta un utente intervistato - e informazioni lacunose sui propri diritti nelle fase di primo ingresso, da cui deriva a catena il rischio di favorire i respingimenti anziché il transito nelle strutture adibite per i richiedenti protezione che ne abbiano diritto.

Fattori che limitano l’efficacia del sito tarantino. Dove a distanza di anni continuano a replicarsi le défaillance che in tempi non sospetti avevano condotto alla condanna dell’Italia.