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camerepenali.it, 11 dicembre 2023

Tre suicidi per impiccagione si sono tragicamente susseguiti in questi ultimi giorni nella Casa di reclusione di Parma, nella Casa Circondariale di Milano San Vittore e in quella di Verona-Montorio, portando a sessantasei il numero complessivo delle persone che si sono tolte la vita in carcere in questo ultimo anno. E non vale certo la pena di ragionare sulle unità in più o in meno di questo atroce conteggio come fosse il freddo bilancio consuntivo di un’azienda a fine anno. Quando è in conto la vita di persone affidate alle cure dello Stato nessuno mai dovrebbe essere lasciato morire, in nessun modo e in nessun caso. E invece questo terribile conteggio si allunga inesorabilmente, travalicando le inutili cesure degli anni, nell’indifferenza dei governi che hanno sempre guardato e guardano al carcere con cinica distanza, spesso utilizzandolo come improbabile emblema della sicurezza collettiva o vantandone comunque la salvifica funzione di discarica sociale.

Anziché porre rimedio a tale incivile e perdurante scandalo con urgenti e concrete politiche d’intervento, si sono al contrario viste elaborare normative che incidono sulla realtà del carcere con strumenti repressivi, autoritari ed intimidativi, introducendo nuove fattispecie di reato ostative alla concessione di misure alternative alla detenzione e criminalizzando ogni manifestazione anche non violenta di disagio proveniente dai detenuti, marchiando così il carcere nel segno della pura afflittività anziché farne il luogo del recupero, favorendo l’espansione degli strumenti trattamentali e la conseguente più ampia e sollecita fruizione di tutte le misure volte alla risocializzazione. 

La Camera Penale di Roma insieme alle Camere Penali del distretto ossia Cassino, Civitavecchia, Frosinone, Rieti, Tivoli, Velletri e Viterbo, quelle di Santa Maria Capua Vetere e di Perugia hanno dichiarato in questi ultimi mesi altrettante astensioni per protestare contro le perduranti disfunzioni dei Tribunali di Sorveglianza, cogliendo in ogni caso un nesso evidente fra la incapacità di quegli uffici di dare risposte alle speranze ed alle attese dei detenuti ed il volto drammaticamente disperante della condizione detentiva nel nostro Paese. L’inadeguatezza delle strutture nel fornire cure sanitarie e assistenza psichiatrica e nell’assicurare strumenti di recupero dalle dipendenze (un terzo dei detenuti risulta essere tossicodipendente), la carenza di sufficienti contatti con la famiglia, l’assenza di affettività e di socialità, hanno un peso evidente nella possibilità di prevenire prima e di intercettare poi la disperazione dei singoli e nel porsi ad ostacolo a quei gesti estremi.

L’Unione denuncia da anni questa terribile condizione dell’universo carcerario, la mancata predisposizione di risorse necessarie all’incremento dei mezzi, delle strutture, del personale specializzato e di quello amministrativo negli istituti di pena, nei tribunali e negli uffici per l’esecuzione esterna, anch’essi oberati dalla riforma Cartabia da ulteriori e non meno rilevanti incombenze.

L’Unione conosce, anche tramite gli Osservatori delle singole Camere Penali, le condizioni delle carceri, in molti casi indegne di un paese civile, e le insufficienze endemiche e non più tollerabili di molti tribunali di sorveglianza. Risulta peraltro evidente non solo l’irragionevolezza dei tempi necessari per la definizione anche delle domande di minore rilievo, ma anche l’applicazione sovente eccessivamente restrittiva degli istituti previsti dall’ordinamento penitenziario, che concorrono a comporre quel trattamento rieducativo e risocializzante.

La Giunta non può pertanto che accogliere l’appello delle Camere Penali di Roma, di Santa Maria Capua Vetere e di Perugia, facendo proprie le istanze di cui alle relative delibere di astensione, impegnandosi a contrastare con iniziative di ambito nazionale ogni normativa che sia volta, in violazione dei principi della nostra Costituzione, alla sostituzione delle finalità rieducative delle pene con strumenti di tipo repressivo, securitario e contenitivo, manifestazioni di una visione carcerocentrica della giustizia penale che non concorre in alcun modo, come si vuol far credere, ad un incremento della sicurezza dei cittadini, impegnandosi a segnalare al Ministro della Giustizia, e alla politica tutta, la necessità di una radicale inversione delle politiche relative alla fase dell’esecuzione della pena affinché siano poste in essere nel solco dei principi costituzionali a tutela della integrità e della dignità della persona.