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di Dacia Maraini

Corriere della Sera, 12 agosto 2023

La storia ci insegna che le cose si risolvono quando sono colte in anticipo, subito, con decisione comune. Dobbiamo costruire il tabù della guerra e farlo diventare una disposizione istintuale, ma naturalmente si tratta di un processo solo a lungo termine.

Notizie allarmanti di colpi di Stato, di guerre, di armi che si commerciano alla grande. Notizie che si sommano alle catastrofi naturali: alluvioni, allagamenti, frane, incendi, estinzioni di animali, scioglimento dei ghiacci, slavine, dissesti, crolli, rovine. Cosa fare? Per quanto riguarda i colpi di Stato, è legittimo che le forze internazionali intervengano? O per “amore di pace” si decide che le cose vadano per conto loro senza intervenire? Magari lasciando che, resi sicuri dall’impunità, i prepotenti si sentano in diritto di invadere Paesi vicini, di imprigionare, torturare e uccidere chi si batte per la propria autonomia?

L’Ucraina va aiutata con le armi o no? La prepotenza, le ingiustizie, le menzogne, il terrorismo di Stato vanno condannati e combattuti oppure, sempre nel nome giustissimo della pace, si devono lasciare al loro destino? Che vinca il più forte e pazienza?

Sono domande cruciali ma anche molto complesse e delicate. C’è chi considera che, per mantenere la pace nel mondo, non si debba in nessun caso rispondere alle violenze di un Paese in vena di onnipotenza: che si lavori sulla diplomazia. Su questo siamo tutti d’accordo. Ma se la diplomazia non trova esiti cosa si fa, si aspetta che funzioni e intanto vince l’aggressore?

C’è chi invece ritiene che si debba condannare e controbattere la nazione che invade un Paese sovrano umiliando e distruggendo un popolo che si considera autonomo e indipendente. Ma per fare questo bisognerà usare le armi e procurare morti su morti? Questa la domanda cruciale. È lecito pensare in termini di contrapposizione guerreggiata?

Certo conta negativamente il silenzio dell’Onu che fa poco per questa benedetta pace che tutti vogliono ma non sanno come ottenere. Il fatto che non si decida a maggioranza ma che anche un solo Paese possa mettere il veto, crea immobilismo e frustrazione. Se il grande e importante organismo che rappresenta tutti i Paesi del mondo, basato sulla convivenza pacifica e la giustizia uguale per tutti, disponesse di una Costituzione internazionale che stabilisca alcune regole semplici e civili sul rispetto dell’altro e la libertà, non sarebbe più facile intervenire in nome di una giustizia regolata e riconosciuta dalla maggioranza?

Il problema si direbbe, sta nel fatto che mentre tutti vogliono e reclamano la pace, c’è un Paese, in questo caso la Russia, anzi direi un autocrate russo di tipo assoluto che domina, assoggetta prima di tutto il suo popolo, il quale non intende smettere di guerreggiare e distruggere finché non avrà raggiunto il suo scopo. Lo zar, come viene chiamato, ha dichiarato più volte che certo, anche lui vuole la pace, ma solo se il Paese che considera suo si arrende e si lascia depredare e ricostruire da lui.

Insomma siamo di fronte a un vero problema etico. Un problema che si era posto al tempo del nazismo. Un altro autocrate, di nazionalità tedesca, invadeva uno dietro l’altro Stati sovrani, bombardava, fucilava, minacciava, distruggeva e nessuno interveniva, proprio per non suscitare una guerra mondiale. Ma quando ha preteso di invadere e sottomettere l’Inghilterra e la Russia, che hanno decisamente resistito con grandi sacrifici e grandi perdite, l’indignazione e la rabbia hanno avuto il sopravvento. Ed è scoppiata la guerra mondiale. Era meglio lasciarlo fare? E diventare sudditi del nazismo?

Sono ragionamenti semplici che chiunque capisce. Non sto facendo delle riflessioni da esperta, ma da cittadina comune. Se si diffondesse la domanda di pace, dicono in molti, non si riuscirebbe a calmare il dittatore che agisce da scriteriato ma forse ha qualche interesse a mantenere una buona reputazione? Se però la smania di potere avesse sconvolto la testa del despota, il quale dichiara che non si fermerà se non quando avrà dominato e sottomesso non solo il suo ma altri popoli liberi? E se minaccia di scagliare la bomba atomica, come reagire? Col silenzio e l’acquiescenza o con la denuncia e le ritorsioni? La giustizia va perseguita o messa a tacere per la difesa di interessi immediati? La giustizia e la pace sono in contraddizione?

Abbiamo sempre dato ragione ad Antigone. Ci piace la sua fedeltà al principio della pietà e della giustizia, che comportano disobbedienza al potente, costi quel che costa, ma poi preferiamo lasciarla nella sua grotta e metterci dalla parte di Creonte, il re potente che tutto può e decide.

La libertà di un popolo che si vuole indipendente deve suscitare la solidarietà internazionale o deve essere lasciato al suo destino per evitare una guerra mondiale? La storia ci insegna che le cose si risolvono quando sono colte in anticipo, subito, con decisione comune. Se si lascia che deflagri, il pericolo si espande e si ingrandisce. Ma questi sono ragionamenti a posteriori.

Così come stanno le cose oggi, cosa si può fare? La prima risposta è chiarissima: costruire la pace. Ma se la voglia di vincere da una parte e la voglia di non soccombere dall’altra sono arrivate a un punto di non ritorno come agire? Si può fare a meno delle armi?

Ricordo il bellissimo ragionamento, anzi la proposta di Alberto Moravia che diceva: dobbiamo costruire il tabù della guerra e farlo diventare una disposizione istintuale. Così come il tabù dell’incesto è stato alla base della creazione della civiltà, il tabù della guerra sarebbe un secondo importantissimo passo sulla strada di una convivenza pacifica e consapevole. Ma naturalmente si tratta di un processo solo a lungo termine. Non si impara a reprimere e guidare facilmente sentimenti animaleschi come l’aggressività, la prepotenza, la mania di grandezza, il senso del possesso e così via. Si tratta di un sogno impossibile? Giustamente Alberto diceva, confortato dalle osservazioni antropologiche di Malinowski: perché no? Come siamo riusciti a reprimere e controllare l’incesto che in natura è ammesso e praticato, perché non dovremmo riuscirci con la guerra?