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di Stefano Barricelli

agi.it, 1 gennaio 2023

Negli ultimi 12 mesi si sono tolti la vita 84 detenuti, uno ogni 5 giorni. Il record negativo precedente era del 2009, con 72 morti. Il presidente di Antigone: “Il sovraffollamento sta tornando a livelli preoccupanti”.

In dodici mesi in Italia “si sono tolti la vita 84 detenuti. Uno ogni 5 giorni. Il 2022 per le carceri italiane verrà ricordato come l’anno dei suicidi”. Lo denuncia Antigone, ricordando che nei nostri istituti di pena “quest’anno, ci si è tolto la vita circa 20 volte in più di quanto non avviene nel mondo libero. Un detenuto ogni 670 presenti si è ucciso. Il precedente primato negativo era del 2009, quando in totale furono 72. Ma all’epoca i detenuti presenti erano oltre 61 mila, 5 mila in più di oggi”. “All’epoca - ricorda Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione - eravamo alla vigilia del periodo che portò poi l’Italia alla condanna della Corte Europea dei Diritti Umani per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea, per il trattamento inumano e degradante. Alcune iniziative parlamentari furono prese. Non vedere negli 84 suicidi di quest’anno un segnale altrettanto preoccupante delle condizioni in cui versano le carceri del paese è ingiustificabile”.

Il sovraffollamento, dopo la deflazione delle presenze a seguito della pandemia, “sta tornando a livelli preoccupanti”. I detenuti sono quasi 57 mila. I posti sono 51 mila, anche se di quelli conteggiati circa 4 mila sono indisponibili: ad oggi, dunque, “nelle carceri italiane ci sono circa 9 mila persone in più rispetto alla capienza regolamentare”.

L’Osservatorio di Antigone nel 2022 ha visitato 99 istituti: nel 39% sono state trovate celle dove il parametro minimo dei 3 mq di superficie calpestabile a testa non era rispettato. “Entrare anche solo pochi minuti in una cella dove non c’è neanche questo spazio minimo è un’esperienza claustrofobica - sottolinea Gonnella - Specie laddove le celle vengono condivise da 5-6 persone. Viverci quotidianamente rende la detenzione ulteriormente gravosa”.

Per il presidente di Antigone, il carcere ha “necessità di interventi di riforma profondi. Occorre innanzitutto incrementare le misure alternative alla detenzione. Ci sono migliaia di persone che potrebbero scontare la loro pena fuori dagli istituti di pena e persone che, per il reato commesso e la loro condizione personale - tossicodipendenza, disturbi psichiatrici - andrebbero presi in carico dalle strutture del territorio, evitando di trasformare le carceri in un luogo dove si rinchiudono le persone che non si è in grado di gestire fuori. Questo aiuterebbe anche il lavoro del personale, che andrebbe incrementato in tutte le funzioni e gratificato dal punto di vista sociale ed economico per il lavoro complesso e difficile che si trova a svolgere. Andrebbe poi modernizzata la vita interna, garantendo maggiori collegamenti, anche elettronici, con il mondo esterno. Quello all’affettività è un diritto che deve diventare centrale nel sistema penitenziario italiano fermo, da questo punto di vista, a disposizioni di oltre 40 anni fa”.