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di Tommaso Fregatti

La Stampa, 29 gennaio 2024

Michele Lastella, colonnello dell’Arma oggi alla guida del reparto operativo di Genova, ha fatto riaprire il caso: “Oggi vorrei stringergli la mano”. “Quando riaprimmo il caso trovammo che sulla scena del crimine c’era una seconda arma. Lo capimmo da un bossolo calibro 20 profondamente diverso dal 12 utilizzato per il triplice delitto. A quel punto ci siamo detti che a compiere la strage del Sinnai poteva essere stato solo un killer professionista o una “sorta di rambo”. Michele Lastella è un colonnello dei carabinieri attualmente alla guida del reparto operativo dell’Arma di Genova ma più che altro è l’ufficiale che ha coordinato la squadra speciale creata dalla procura di Cagliari per indagare sulla riapertura dell’inchiesta della strage del Sinnai, tre pastori uccisi l’8 gennaio del 1991 all’interno di un ovile. Un eccidio per cui per 33 anni è stato in carcere un innocente: il pastore Beniamino Zuncheddu, oggi 59enne, che venerdì la Corte di appello di Roma ha assolto in maniera definitiva. Lastella, in gran segreto, nel 2019 ha iniziato a lavorare con i suoi uomini - sei militari del nucleo investigativo di Cagliari - proprio con l’obiettivo di capire se Beniamino Zuncheddu - tradito dal super testimone Luigi Pinna scampato alla strage - potesse essere davvero il killer”.

Quando avete capito che in carcere c’era un innocente?

“Diciamo che sin dall’inizio, rianalizzando tutte le carte dell’inchiesta e svolgendo sopralluoghi sul luogo del delitto - siamo andati almeno tre volte nel Sinnai -, abbiamo capito che la ricostruzione dei fatti conosciuta era inverosimile. Sia per quanto riguarda la dinamica della strage, sia per come erano state svolte le indagini che erano sempre andate in un’unica direzione”.

Come si sviluppò la vostra attività investigativa?

“Il caso venne riaperto nel 2019. Si decise con il magistrato di fare una sorta di squadra speciale per indagare sul caso”

E la seconda arma?

“Non abbiamo scoperto noi la cosa. Era già agli atti dell’inchiesta. Diciamo che chi indagò forse sottovalutò questo aspetto che, per noi, invece, fu molto importante”.

Perché?

“Perché cambiava lo scenario del delitto. Che avesse fatto tutto Zuncheddu sceso dalla montagna con due fucili in mano ci è sembrato subito inverosimile. O c’erano dei complici o non poteva essere stato lui. E poi è le indagini hanno dimostrato che il killer era presumibilmente destro. Zuncheddu, invece, è mancino”.

Altri elementi che non tornavano?

“Luigi Pinna, il pastore scampato alla strage ma soprattutto il supertestimone che accusò Zuncheddu, ha fornito testimonianze contraddittorie. Poco dopo il fatto Pinna, sentito dai carabinieri che indagarono inizialmente per poi passare l’inchiesta alla polizia, disse che non aveva visto nulla, che non avrebbe mai saputo riconoscere il killer perché indossava la calzamaglia. Poi dopo qualche mese cambiò improvvisamente versione dei fatti accusando proprio il pastore di Burcei”.

Qui entra in gioco l’ex poliziotto Mario Uda che secondo l’accusa ha depistato l’indagine accusando Zuncheddu…

“Non entro nel merito di queste considerazioni ma posso dire che l’azione dell’allora sovrintendente di polizia ci sembrò subito pressante. Molto probabilmente condizionata dall’azione di alcune fonti confidenziali che aveva all’epoca Uda e che gli riferirono di liti, minacce e diatribe proprio tra Zuncheddu e Gesuino Fadda, il capostipite dell’ovile del Sinnai e vittima della strage”.

Quando avete capito che eravate sulla pista giusta?

“Ci ha dato una grande mano l’indagine tecnica. Ricordo che Pinna si agitò moltissimo quando ebbe notizia della riapertura delle indagini su quella strage. In una intercettazione disse alla moglie che questa volta sarebbe finito in carcere. E ancora, dopo essere stato interrogato, all’uscita della Procura parlando sempre con la moglie disse “questi carabinieri non sono stupidi, sono intelligenti. Hanno capito che la foto di Zuncheddu l’avevo vista prima”. Si capiva comunque che nascondeva qualcosa”.

Allora chi o chi sono gli autori della strage del Sinnai?

“Non so se riapriranno il caso ma indagando qualche idea ce la siamo fatta. Vedremo poi come deciderà di operare la Procura di Cagliari. Posso dire che le piste da seguire a mio avviso sono due. Una legata a una lite per il bestiame. O un’altra che coinvolge la criminalità sarda dell’epoca e i sequestri di persona. Vedremo, per me la cosa più importante è che siamo riusciti a dimostrare l’innocenza e la dignità di un uomo”.