di Maria Volpe
Corriere della Sera, 9 febbraio 2023
La giornalista ha deciso di dedicare il suo monologo al carcere minorile di Nisida e attacca “La scuola dovrebbe garantire pari opportunità, almeno ai più giovani e lo Stato dovrebbe essere più sexy dell’illegalità”.
“Una belva a Sanremo” così l’ha presentata Amadeus. La seconda co-conduttrice della seconda serata del Festival di Sanremo è la giornalista Francesca Fagnani, conduttrice appunto di “Belve” su Rai2. Uno stile asciutto e ironico il suo, sia quando fa le interviste, sia sul palco dell’Ariston. Il suo monologo comincia alle 23.30 ed è dedicato ai ragazzi del carcere minorile di Nisida, un tema a lei molto caro. “Vogliamo che la gente sappia che non siamo animali, non siamo bestie, non siamo killer per sempre, vogliamo che la gente ci conosca”, ha detto citando i minori reclusi.
Fagnani legge qualche frase detta proprio dai ragazzi. “Io mi pensavo che la felicità si comprava” dottoré. Hanno 15-18 anni. Sguardi sfidanti. La giornalista li ha intervistati e tutti loro hanno detto che se avessero potuto, sarebbero andati a scuola. Fagnani punta il dito contro la povertà educativa: “La scuola dovrebbe garantire pari opportunità, almeno ai più giovani e lo Stato dovrebbe essere più sexy dell’illegalità”.
Un monologo asciutto, breve, sintetico. Frutto delle sue esperienze, degli incontri della giornalista. Che negli anni ha visitato le carceri, sia quelle degli adulti che quelle dei ragazzi. E ha visto lo stato abietto nel quale vivono. “Il carcere deve rieducare” ribadisce. “Un magistrato ha detto che i detenuti non devono passare per vittima e non devono essere picchiati, ma perché lo Stato non può essere violento come chi arresta. Chi esce dal carcere deve uscire meglio di come è entrato, per rispetto dell’art. 27 della Costituzione. Che uno spacciatore o un ladro che sia, una volta uscito, cambi mestiere”. Il riferimento è al magistrato Nicola Gratteri che al festival “Il libro possibile”, il 29 luglio dello scorso anno a Vieste, ha detto: “Sono contrario a uno schiaffo in carcere o in caserma, il detenuto non deve essere toccato nemmeno con un dito perché non deve passare per vittima”.