di Valerio De Molli
huffingtonpost.it, 19 febbraio 2023
A prima vista, carcere e lavoro possono sembrare due dimensioni inconciliabili. Tuttavia, un istituto penitenziario non può prescindere dalla disponibilità di lavoro qualificato al proprio interno. L’incontro Ambrosetti Club promosso da The European House - Ambrosetti è stata l’occasione per presentare un nostro documento di analisi sulla situazione delle carceri italiane, alla presenza del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, del Sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari, del Direttore del Carcere di Bollate Giorgio Leggieri e del Direttore Generale e Fondatore della Cooperativa Sociale BEE.4 Altre Menti Giuseppe Cantatore.
“Il carcere è un ozio senza riposo, ove il facile è reso difficile dall’inutile”. È proprio questa frase incisa sul muro del carcere di Massa Carrara che incarna la motivazione e l’obiettivo dell’incontro Ambrosetti Club: approfondire il tema delle partnership pubblico-privato nell’ambito del lavoro in carcere per un’azione sociale di integrazione e recupero. A prima vista, carcere e lavoro possono sembrare due dimensioni inconciliabili. Tuttavia, un istituto penitenziario - il cui scopo è quello di avviare un percorso riabilitativo fondato sulla (ri)costruzione di valore così come previsto dall’articolo 27 della Costituzione che dichiara che le pene devono sempre tendere alla rieducazione del condannato - non può prescindere dalla disponibilità di lavoro qualificato al proprio interno. In questo senso, instaurare partnership con il mondo privato è un importante mezzo di creazione di collaborazioni - dentro e fuori il mondo del carcere - in grado di portare valore aggiunto a tutti gli attori coinvolti.
Oggi in Italia il 62% dei condannati conta almeno una carcerazione precedente e addirittura il 15% ne conta almeno 5. E’ rassicurante però sapere che questo dato, come ha sottolineato il Sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari, scende drasticamente al 2% per coloro che hanno avuto la possibilità di un inserimento professionale. Ne emerge che i detenuti che nel corso della permanenza in carcere hanno avuto modo di apprendere una professione raramente torneranno a delinquere una volta in libertà, a differenza degli ex detenuti che non hanno avuto modo di essere reinseriti lavorativamente nella società.
Ad oggi però nelle carceri italiane solo il 36% dei detenuti è impegnato in attività lavorative ma nella quasi totalità si tratta di lavoro alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria attraverso mansioni domestiche, industriali e agricole. Solo l’1% è alle dipendenze di imprese private. Rispetto al panorama nazionale, la Lombardia rappresenta un caso virtuoso, dove il coinvolgimento delle imprese nell’offrire occupazione ai detenuti è triplo rispetto alla media. Negli ultimi 15 anni anche le opportunità di formazione professionale in carcere si sono dimezzate, coinvolgendo nel 2021 meno del 3% dei detenuti (rispetto al 7% registrato nel 2006).
Come ha ribadito anche il Ministro Nordio, il lavoro dentro e durante il carcere è di fondamentale importanza per la sua doppia funziona rieducativa e psicologica sul detenuto. E’ importante garantire una sinergia tra il periodo di detenzione e quello successivo alla liberazione: a margine delle attività promosse dal Ministero della Giustizia per una sempre maggiore implementazione del lavoro delle carceri, occorre che ce ne sia una parallela e diffusa di offerta per garantire supporto e opportunità di occupazione agli ex detenuti. Anche il Prefetto di Varese Salvatore Pasquariello, che proprio recentemente ha visitato le Case Circondariali di Busto Arsizio e di Varese, concorda che la società civile, imprenditori, sindacati insieme alle istituzioni sono chiamati sempre di più ad agire insieme per implementare le offerte di occasioni di formazione e di lavoro in favore dei detenuti.
Occorre dunque ricordare che il valore aggiunto del lavoro in carcere è triplice. Per le persone detenute garantisce un impiego positivo del tempo della detenzione, un accrescimento dell’autostima legata alla possibilità di esercitare un ruolo positivo nella società e il consolidamento di una cultura del lavoro legata al perseguimento di un obiettivo. Per la collettività consente la valorizzazione del capitale umano, la riduzione della recidività e maggiore sicurezza sociale. Per il sistema delle imprese consente di collaborare con persone motivate e generare un impatto sociale rilevante associato alle attività dell’azienda, oltre alla fruizione di incentivi contributivi e fiscali così come stabilito dalla c.d. Legge Smuraglia.
Siamo orgogliosi che il tema abbia riscosso una numerosa e calorosa partecipazione di imprese che hanno manifestato interesse alla realizzazione di progettualità innovative che puntino su qualità e professionalità, andando oltre stereotipi e pregiudizi. Sulla base di queste premesse, Ambrosetti Club - nella sua missione di contribuire al progresso socio-economico e di rappresentare le eccellenze del Sistema Paese e del Sistema Imprese che lo compongono - si rende disponibile a creare momenti di confronto periodici su questo tema per favorire il monitoraggio continuo e la sensibilizzazione del mondo imprenditoriale, con l’obiettivo di promuovere collaborazioni che siano virtuose, benefiche per la comunità e coerenti con le esigenze del mercato. I casi presentati dai Vertici di Eolo, Axpo Italia, Sielte, Cisco, Systems Italy e Openjobmetis dimostrano che si deve e si può fare, creando un circolo virtuoso imprese-detenuti-società in una logica win-win-win.