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di Manuela Perrone

Il Sole 24 Ore, 17 aprile 2024

Lavoro e formazione come ponti tra carcere e società. Per spezzare la “sordità” nei confronti del mondo penitenziario e mettere a sistema le buone pratiche. Muove da questo obiettivo il pacchetto di proposte normative avanzato ieri al termine della giornata “Recidiva zero. Studio, formazione e lavoro in carcere” promossa a Roma dal Cnel insieme al ministero della Giustizia, a coronamento del percorso avviato a giugno 2023 con il protocollo d’intesa siglato tra il presidente del Cnel, Renato Brunetta, e il Guardasigilli Carlo Nordio.

Oltre 300 partecipanti, 6 gruppi di lavoro tematici, 9 ore di attività: questi i numeri dell’evento, che porterà alla redazione di un testo di legge ad hoc o di un emendamento al Ddl sicurezza all’esame della Camera. “Cambiamo radicalmente la concezione carcerocentrica della pena”, spiega Nordio. “Per la prima volta cerchiamo di attivare una sinergia programmata e razionalizzata per portare il lavoro in ciascun istituto e in ciascun luogo di detenzione alternativa”. “Istituiremo un segretariato permanente - annuncia Brunetta - per facilitare l’interconnessione tra reti istituzionali, parti sociali e terzo settore. Possiamo azzerare la recidiva con il lavoro dentro e fuori dal carcere, la sua giusta remunerazione, l’istruzione e la formazione. È una scommessa win-win-win da vincere in tre: detenuti, società e vittime”.

Nella mattinata dedicata al ruolo delle istituzioni ricorrono quattro parole chiave: ponte, rete, rieducazione, speranza. Lavoro e formazione, sottolinea in un messaggio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, “rappresentano una concreta occasione per il reinserimento sociale dei detenuti, anche una volta usciti dal carcere”.

“Il lavoro - evidenzia la premier Giorgia Meloni nella sua lettera - è lo strumento per eccellenza per il recupero di chi ha contratto un debito con la società”. Parlano i numeri, raccolti per il Cnel da Censis e Ambrosetti: i detenuti presenti nei 189 istituti penitenziari del Paese sono 61.049, con un tasso di affollamento reale del 119% e un tasso di recidiva del 60% (sei su dieci sono stati già in carcere almeno una volta), ma secondo le stime questo dato può calare fino al 2% per chi ha avuto la possibilità di un inserimento professionale.

Eccolo, il game changer a cui punta l’alleanza sancita ieri. Anche perché nel 20231a formazione professionale in carcere ha coinvolto solo il 6% dei detenuti e il lavoro i133%, ma l’85% alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, soltanto nelle imprese private e il 4% nelle cooperative sociali. Di “miracolo che si deve compiere” parla il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Ostellari: “Vogliamo dare una soluzione diversa dagli sconti: gli svuota-carceri del passato hanno scaricato sulla comunità. Noi vogliamo invece fare in modo che chi esce dal carcere entri nella comunità sana del Paese. Il lavoro dei detenuti è un investimento sulla sicurezza di tutti”. Che la macchina sia in moto è fuor di dubbio.

“Nel primo scorcio del 2024giàoltre 600 imprese hanno chiesto di godere degli sgravi previsti dalla legge Smuraglia”, riferisce il capo del Dap, Giovanni Russo. “Vogliamo creare “stabilimenti penitenziari”, da cui i nostri detenuti escano con maggiore cultura, maggiori capacità sportive, maggiore professionalizzazione”.

“Riempire la detenzione di contenuti è la sfida”, concorda la presidente della Scuola nazionale dell’amministrazione, Paola Severino, che con la sua Fondazione ha aperto uno sportello di counseling per profilare i detenuti di alcuni istituti. Perché un’altra criticità sta nella scarsa conoscenza del capitale umano in carcere: di un detenuto su due non sappiamo neanche il titolo di studio. Allo stesso tempo, osserva il Garante dei diritti dei detenuti, Felice Maurizio D’Ettore, “serve una nuova cultura d’impresa”.

Il bilanciamento tra certezza della pena e “strategia rieducativa di sistema” per “aiutare le persone a riscrivere la propria storia” è l’esigenza indicata dalla viceministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Teresa Bellucci. Per la sottosegretaria all’Istruzione e al Merito, Paola Frassinetti, va superata “l’eccessiva diversificazione delle scuole penitenziarie e assicurato un ambiente di studio consono”, con il massimo riguardo per gli oltre 450 ragazzi rinchiusi nelle strutture minorili: “Per loro sono ancora più importanti laboratori e formazione professionalizzante”.

Lo sanno bene i Comuni. “Dobbiamo dare opportunità a chi non la ha avuta”, dice il vicepresidente Anci e sindaco di Ercolano Ciro Buonaiuto. “Opportunità da garantire anche ai figli dei detenuti”, rileva l’assessore calabrese Emma Staine, coordinatrice Politiche sociali delle Regioni. Il miracolo della recidiva zero non c’è ancora, la volontà condivisa di realizzarlo sì.