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di Paola Rossi

Il Sole 24 Ore, 17 ottobre 2024

La partecipazione alla commissione di delitti da cui prevedibilmente possano derivarne altri fa scattare il dolo eventuale sufficiente alla sussistenza di una condotta concorsuale nel reato. Il concorso nella commissione di un reato può essere affermato dal giudice anche in base a elementi di natura indiziaria. E il ruolo di coautori del reato non necessita dell’attribuzione di ogni singola frazione di condotta all’uno o all’altro soggetto, quando dall’ideazione comune iniziale si giunge alle conseguenze anche impreviste dell’azione criminosa. Non è di fatto necessaria l’adesione “esplicita” di ciascuno alla singola azione perpetrata dall’altro e da cui non ci si dissocia fattivamente. Il concorso - che si ricorda può essere anche solo morale attraverso l’istigazione o il rafforzamento di compiere il reato - si fonda sull’agevolazione o sulla messa in atto di comportamenti che rendono possibile il compimento del reato stesso.

Nel caso specifico - risolto dalla Cassazione penale con la sentenza n. 37855/2024 - i due concorrenti nella rapina, nell’omicidio della vittima e nell’incendio dell’appartamento di quest’ultima contestavano la mancata attribuzione individuale, da parte del giudice di merito, delle singole azioni a ciascuno dei due coautori dei reati perpetrati. I ricorrenti sostenevano, in sintesi, che la sentenza fosse irrimediabilmente viziata, proprio per non aver appunto dimostrato il singolo apporto alla realizzazione dei diversi crimini imputati a entrambi. Quindi, nel caso concreto, praticamente i due coimputati - nel tentativo di attribuire l’uno all’altro la maggior responsabilità penale - ritenevano che la responsabilità penale non fosse di fatto stata accertata stante la sua natura strettamente personale.

Ma al centro della decisione - ritenuta legittima con il rigetto del ricorso - la Cassazione ha affermato che vi sia stata corretta applicazione delle norme che regolano la fattispecie penale del concorso e che la sua sussistenza sia stata pienamente accertata per entrambi gli imputati e in ordine a tutti e tre i reati loro ascritti.

Nel caso si trattava di due rapinatori che una volta entrati in casa della vittima l’avevano colpita al fine di compiere la rapina e l’avevano poi uccisa appiccando l’incendio alla sua abitazione. Il giudice di merito di fatto affermava esplicitamente che non fosse necessario addivenire a una specifica distinzione di quanto compiuto da uno o dall’altro dei rapinatori, per dichiararli entrambi concorrenti in tutti i reati commessi su quella scena. Ciò perché era stata pienamente appurata la loro compresenza a tutte le condotte realizzate contro la vittima senza che emergesse l’autonoma e imprevedibile determinazione di uno solo dei due o l’opposizione di uno di loro all’escalation che si era verificata. Spiega la Cassazione, che per l’attribuzione del concorso è sufficiente anche il dolo eventuale di colui che partecipa al delitto e ben può rappresentarsi le conseguenze anche estemporanee derivanti dal disegno criminale realizzato e a cui ha aderito originariamente senza aver compiuto azioni positive per evitare la commissione del più grave reato conseguenza di quello inizialmente progettato.