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di Gian Domenico Caiazza*

Il Riformista, 11 novembre 2023

Onore ai giudici del Tribunale del Riesame di Venezia, che hanno saputo prendere atto di dover annullare una ordinanza cautelare a carico di ben 12 presunti associati per delinquere di una cosca nigeriana, scarcerandoli. Hanno “dovuto” annullare, perché l’ordinanza del GIP risultava palesemente un’opera di “copia e incolla” della richiesta del Pubblico Ministero, refusi compresi; il che, a mente dell’art. 292 del codice di rito, ne determina la sacrosanta nullità.

Il Giudice delle Indagini preliminari, nella logica del nostro sistema processuale, è -o meglio, dovrebbe essere- il controllore della legittimità degli atti di indagine del PM. Leggiamo quotidianamente notizie che, quasi sempre con compiacimento, ci informano che “il PM Tizio ha arrestato”, “il PM Caio ha sequestrato”: ma il PM può solo richiedere di arrestare o sequestrare, mentre è -o meglio, sarebbe- compito del GIP decidere se quelle richieste siano fondate e ben motivate, e disporre di conseguenza.

Ignoranza dei cronisti giudiziari? Beh, no. La realtà, confermata da decenni di esperienza forense, è che questa cruciale funzione di controllo del Giudice sulle indagini del PM è da subito fallita. Il GIP che non accoglie le richieste del PM (di arresto, di sequestro, di intercettazione telefonica ed ambientale, etc.) è l’eccezione, piuttosto che la regola. Il Gup che non accoglie in udienza preliminare la richiesta di rinvio a giudizio non raggiunge il 3% del dato statistico. E se poi pensiamo al 50% delle assoluzioni in primo grado, il naufragio di quella funzione appare conclamato. D’altronde, è proprio il tema del “copia e incolla” che risulta illuminante: quella umiliante pratica, simbolo della soggezione del GIP al PM, era a tal punto la regola e non l’eccezione, che è stato infine necessaria pochi anni fa (2015!) la mortificante modifica dell’art. 292, che ha imposto per legge, a pena di nullità, l’obbligo per il Giudice di pensare con la propria testa, e non con quella del PM.

Eppure, ancora ci dobbiamo compiacere di provvedimenti piuttosto eccezionali come quelli del Riesame di Venezia. Mentre invece assistiamo alla messa all’indice mediatico-giudiziaria (un linciaggio indecente) di una GIP di Milano che ha osato -la sciagurata- ritenere tanto pomposa quanto inconsistente in punto di gravità indiziaria una maxi indagine su presunte cosche mafiose lombarde, perciò rigettando la raffica di richieste di arresti e sequestri. L’indignazione di quella Procura per l’inaudito atto di autonomia del Giudice è stata tale da scivolare nel grottesco. Nel (più che legittimo, beninteso) atto di ricorso al Riesame, del cui esito tutti prenderemo atto, i Pubblici Ministeri hanno inteso svalutare la qualità della ordinanza di rigetto del GIP denunziando “il copia-e-incolla” che costei avrebbe fatto… di qualche scritto giuridico disponibile in rete! Certo che un po’ di senso della misura (e del ridicolo) non guasterebbe. Non vi pare?

*Presidente Unione Camere Penali Italiane