sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Caterina Soffici

La Stampa, 5 agosto 2024

Tre casi in 7 giorni. Non sono eroi, li muove la disperazione. Anche loro sono vittime da proteggere. “Portate via papà, picchia sempre la mamma”. Ancora una volta è un bambino di dodici anni a salvare la madre dalla botte del marito ubriaco. È la terza volta in una settimana che leggiamo brutte storie così e sembrano storie fotocopia, orribili copioni di film horror, dove l’esito non è un femminicidio solo grazie all’intervento del figlio. E questo la dice lunga di un’Italia dove le donne non riescono a salvarsi da sole, non sono in grado di denunciare il proprio partner, di proteggere se stesse e neppure i figli. Stanno zitte, subiscono, per paura di perdere la famiglia, la casa, i bambini. In un’Italia dove un quarto delle donne non ha neppure un conto in banca. E quindi sono i bambini costretti a squarciare il velo di realtà domestiche dove domina la violenza.

L’ultimo caso arriva dall’isola di Ischia, in località Lacco Ameno. Manca poco alle nove di sera, il padre torna a casa ubriaco. Succede spesso e quando beve diventa aggressivo. La moglie sa già cosa l’aspetta quando le chiavi girano nella porta. Armata di telefonino questa volta vuole filmare tutto. L’uomo, un cinquantenne originario dello Sri Lanka (e lo diciamo solo per dovere di cronaca, non certo perché il dettaglio sia rilevante) inizia a urlare e distruggere la casa. Picchia la moglie, come ha già fatto altre innumerevoli volte. Minaccia la donna e il figlio dodicenne di bruciare le richieste per i permessi di soggiorno. Inizia a cercare i documenti, li trova e inizia una lotta con la moglie. Partono schiaffi e pugni, la moglie riesce a salvare i documenti e li passa al figlio perché li nasconda. L’uomo allora parte all’attacco contro il bambino: lo afferra, lo strattona, gli strappa il pigiama, lo colpisce con pugni alla testa e al collo. Ora è la donna a intervenire per salvare il bambino, si mette in mezzo, il marito sferra altri pugni e un forte calcio all’addome della donna che si piega in due e rimane per terra. A questo punto è il bambino, che in un ultimo tentativo di salvare la mamma, riesce a raggiungere la finestra e urla chiedendo aiuto. Alcuni vigili urbani sentono le grida, allertano i carabinieri e nel giro di poco raggiungono l’abitazione: il marito è arrestato, moglie e figlio portati all’ospedale.

Pochi giorni fa a Biella una storia simile, quando a rivelare le botte domestiche sono le parole di un bambino alla maestra: “Voglio fare il poliziotto per mettere papà in galera, così non toccherà più la mamma”. Parte la segnalazione e i carabinieri scoprono una situazione di maltrattamenti protratti nel tempo. Alla fine la madre rivela di aver subito violenze dal compagno, che abusava di alcol, anche davanti ai figli.

E una settimana fa ad Afragola altra storia fotocopia: qui è un bambino di dieci anni a fermare una pattuglia della polizia municipale per salvare la mamma dalle botte del compagno. Nel frattempo aveva già chiamato anche il 118 e a dieci anni si rivela un piccolo uomo capace di stare al mondo meglio di tanti adulti, che forse avranno sentito, avranno saputo, avranno visto, ma hanno deciso di voltarsi dall’altra parte.

Allora verrebbe voglia di chiamarli bambini eroi, questi piccoli uomini che si affacciano alle finestre, urlano, chiamano la polizia, cercano aiuto perché sono troppo piccoli per farcela da soli. Ma se fossero più grandi diventerebbero forse assassini. E quindi non chiamiamoli eroi. Non sono eroi per caso e neppure eroi loro malgrado. Non è il coraggio a muoverli, ma la forza della disperazione. Questi bambini sono piuttosto vittime, da proteggere come e più delle loro madri, perché lo sappiamo che la violenza genera violenza e chi cresce in ambienti violenti rischia a sua volta di ripercorrere le stesse orme una volta cresciuto. Chissà quante altre storie simili si nascondono dentro le mura delle case italiane, il posto che si pensa il più sicuro e che invece è luogo assai pericoloso, perché le violenze avvengono per la maggior parte per mano di persone di famiglia, mariti, compagni, padri padroni e violenti. La domanda a cui forse dovremmo rispondere allora è una: perché tocca a bambini così piccoli intervenire per salvare le madri? Non esistono altri paracaduti? Famigliari? Sociali? Pubblici? Possibile che nessuno si accorga mai di niente, dentro quelle mura delle case italiane, dietro le persiane abbassate per proteggersi dal grande caldo dell’estate?