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di Errico Novi

Il Dubbio, 29 luglio 2023

Impossibile che Palazzo Madama inizi a esaminare il testo prima della pausa estiva. Pesa il rebus della presunta incostituzionalità sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio. La riforma si farà. Ma i tempi non saranno fulminei. E soprattutto ci sarà modo di riflettere, di lasciar decantare la questione che più complica il cammino del ddl Nordio: le incognite legate all’abrogazione dell’abuso d’ufficio.

È il quadro di sintesi sul primo “pacchetto giustizia”, desumibile da alcuni dati di fatto. Prima di tutto, al via libera concesso i 19 luglio, dopo 15 giorni di stand-by, da Sergio Mattarella al testo del guardasigilli (che era già stato fermo tre settimane al Mef in attesa delle coperture finanziarie) ha fatto sì immediatamente seguito la “trasmissione” a Palazzo Madama da parte del ministro ai Rapporti col Parlamento Luca Ciriani, ma ancora serve un ultimo passaggio, vale a dire la formale assegnazione alla commissione Giustizia, che il presidente del Senato Ignazio La Russa firmerà a inizio settimana prossima.

Ma a questo punto è semplicemente impensabile che l’organismo presieduto da Giulia Bongiorno possa imprimere, prima della pausa estiva, una spinta significativa a un ddl così delicato. Impensabile pure che la pausa estiva, per parlamentari ed esponenti del governo, svanisca per il secondo anno consecutivo (l’anno scorso vi si dovette rinunciare per portare a casa i provvedimenti di fine legislatura). La riforma Nordio è dunque di fatto rimandata a settembre. Solo allora la presidente Bongiorno e gli altri senatori della commissione Giustizia potranno definire il primo delicatissimo step del percorso: la scelta degli esperti da audire. Ci saranno di certo i tanti giuristi e rappresentanti dell’avvocatura che hanno sostenuto la necessità di abrogare l’abuso d’ufficio, innanzitutto, oltre che di intervenire sulle altre materie affrontate dal pacchetto del guardasigilli (riassunte nell’altro articolo pubblicato in questa pagina, ndr).

È altrettanto scontrato che le opposizioni contrarie alla riforma, Pd, 5 Stelle e Alleanza verdi sinistra, chiederanno di sentire non solo l’Anm ma anche i singoli rappresentanti della magistratura, soprattutto inquirente, che già hanno additato la soppressione del articolo 323 come un indebolimento della lotta alla mafia.

Sullo sfondo la vera questione affrontata solo di striscio negli ultimi giorni: le ipotesi di incostituzionalità che sempre l’opposizione attribuisce addirittura al Quirinale sull’abuso d’ufficio, in virtù dei trattati che solleciterebbero la previsione del reato (ma in modo non tassativo, come nel caso della citatissima Convenzione Onu di Merida) e della asserita potenziale violazione dell’articolo 117 della nostra Carta, che vincola appunto l’Italia al rispetto degli accordi internazionali. È la vera incognita sul futuro del ddl visto che, se la maggioranza tirasse dritto, non si potrebbe escludere del tutto un rinvio del testo alle Camere da parte di Mattarella.

C’è un’altra questione: l’approfondimento sulle intercettazioni condotto dalla commissione Giustizia del Senato nelle scorse settimane e la possibilità che la parte della riforma Nordio dedicata agli “ascolti” venga integrata con gli obiettivi individuati dall’organismo di cui Bongiorno è presidente. Dalla revisione delle norme che estendono i trojan ai reati di corruzione, a un più stringente divieto di ascoltare le conversazioni tra avvocato e assistito. Di sicuro, il cammino della giustizia targata Nordio sarà lungo, e il suo orizzonte, a dispetto delle buone intenzioni emerse con il voto sulla direttiva Ue dei giorni scorsi alla Camera, è ancora tutto da disegnare.