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di Ezio Menzione

Il Dubbio, 9 settembre 2023

Come hanno detto, quasi unanimemente, molti commentatori (compreso sul Dubbio) il decreto Caivano è la riproposizione della linea autoritaria e repressiva del governo Meloni, che consiste, a seguito di gravi fatti, di dare risposte semplicistiche e inefficaci: previsione di nuove fattispecie di reati, aumento delle pene, carcerazione preventiva laddove prima non era consentita, tanto più grave questa volta perché riguarda minori, che il carcere non dovrebbero mai nemmeno conoscerlo. Risposta estemporaneamente repressiva.

Magari accompagnando, a titolo di esempio, le nuove norme con nuovi blitz in luoghi deputati del crimine (in questo caso Torbella a Roma e proprio Caivano a Napoli), che però non sortiscono alcun risultato, perché queste sceneggiate in divisa hanno la stessa efficacia sul territorio di quella cui aspirerebbero le nuove norme repressive. Ma è giusto usare anche la parola autoritario: sì, proprio, autoritario, perché si danno poteri più o meno pieni anche a un istituito nuovo commissario (ma quanti ne ha insediati Meloni da quando è a capo de governo?) pur non ignorando affatto che sul territorio vi sono presìdi che ben potrebbero muoversi sol che fossero dotati dei mezzi necessari: questo sottrarre potere di indirizzo e possibilità di intervento ai legittimi esponenti politici e alle organizzazioni che sul posto svolgono da molto tempo un lavoro lodevole e di provata efficacia non può non essere chiamato manovra autoritaria. Manovra imposta e calata dall’alto. Evasione e dispersione scolastica: sono decenni, per esempio, che l’associazione Maestri di Strada le combatte tenacemente e capillarmente e con un certo successo proprio a Napoli e dintorni: perché non ci si è rivolti ad essa?

Su tutto ciò, come si è detto, il giudizio negativo è quasi unanime. Certo, ci si meraviglia che il governo non abbia approvato anche l’abbassamento dell’età dell’imputabilità: da 14 a 12 anni, o magari a 10. Non bisognerebbe meravigliarsi: la Spagna, che ha lo stesso limite nostro, lo ha però abbassato a 12 per i reati di terrorismo. E lo ha fatto anche la Scozia, portandolo a 10. Imboccata una strada, non c’è limite all’assurdità. Il solo fatto che Salvini e altri lo abbiano proposto è molto indicativo: così come nei giorni precedenti era stato indicativo che lo stesso energumeno avesse proposto la castrazione chimica per gli stupratori. Non passa, per ora, la proposta, ma intanto la si rende “legittima” e plausibile. Incassando sperabilmente voti. E poi, se non passa oggi a forza di parlarne magari passerà domani.

Ma è poi così vero che si incassano voti e consensi? Lì per lì certamente e i sondaggi (per quel che valgono, ma almeno un po’ valgono) lo confermano. Ma sono consensi stabili o volatili e affidati agli eventi di cronaca? Se un minore ne ammazza un altro per questioni di parcheggio di un motorino, il consenso andrà a chi la spara più grossa sulla pena che gli deve toccare, minore o non minore. Ma quando poi in carcere un minore si suicida o muore per l’aggressione da parte degli altri detenuti, quel consenso prima prestato così ad occhi chiusi, potrebbe essere revocato e indirizzato altrove. E qui veniamo al punto centrale: come è possibile fermare la spirale fatto di cronaca - risposta repressiva - consenso e voti? Non basta la denuncia del carattere repressivo e della inefficacia della risposta che la destra (in questo caso, ma vale anche per governi di colore diverso) propone e impone. Occorre anche attrezzarsi con proposte diverse, non modulate sul breve periodo e basta; con pratiche alternative per fronteggiare i fenomeni delinquenziali, e ce ne sono sul territorio; con un’amplissima discussione da condursi non solo sui giornali e in tv, ma in ogni luogo di incontro e di scambio, tanto più in quei luoghi in cui la delinquenza sembra scaturire “naturalmente”. Questo lavoro darà forse inizialmente pochi risultati, ma intanto contribuirebbe a rintuzzare i tentativi autoritari e poi porrebbe le premesse per un’inversione di tendenza, anche sul piano del consenso.