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di Luigi Manconi

La Repubblica, 4 aprile 2024

È pensabile che le decisioni più intime, quelle relative alla sfera più profonda della nostra coscienza, non vadano considerate “indisponibili” e, all’opposto, siano sottratte alla facoltà di scelta del singolo? E che il nostro vivere e il nostro morire - di noi individui in carne e ossa - non siano affidati al libero arbitrio di ognuno, bensì ad autorità esterne come quelle dello Stato, delle leggi, delle confessioni religiose e delle morali pubbliche?

Se questo è il rischio, non stupisce che la parola “illiberale” sia, come usa dire, in grande spolvero. Sarà perché, forse, il sistema di valori e di regole che chiamiamo democrazia è soggetto come non mai a contestazioni, e conosce una crisi acuta di legittimità e fiducia che induce a un soprassalto di affetto verso quanto si teme di perdere; o sarà perché le tentazioni autoritarie e le derive autocratiche non sembrano risparmiare neanche gli assetti politici più solidi: fatto sta che quell’”illiberale” è entrato a pieno titolo nel lessico politico contemporaneo. È inevitabile, dunque, che si rischi l’abuso e che ciò porti a farne deperire il senso. Ma ci pensa la destra, in questo caso quella italiana, a proporre un’interpretazione così perfettamente reazionaria di alcune questioni fondamentali da restituire alla parola il suo significato originario e il suo inequivocabile peso politico.

Paradossalmente è il partito che si proclama e si vorrebbe liberale per eccellenza, Forza Italia, a offrire la più recente prova di illiberalismo e di propensione verso lo “Stato etico”. È quanto si ritrova in un disegno di legge presentato al senato lo scorso 26 marzo (primi firmatari Paroli, Zanettin, Gasparri).

Come si ricorderà, la sentenza della Corte costituzionale del 27 novembre 2019 aveva sollecitato il Parlamento a legiferare in tema di aiuto al suicidio medicalmente assistito, indicando i quattro criteri ai quali ispirare una legge in materia. Ma dopo quattro anni e mezzo nulla è stato fatto. E, mentre stava per avviarsi la discussione nelle commissioni Giustizia e Affari sociali del senato, tutto è stato ulteriormente differito, e sarà condizionato, come prevedibile, dal disegno di legge di Forza Italia.

Ecco i punti più rilevanti della proposta: rispetto all’aiuto al suicidio di persona affetta da una patologia irreversibile è prevista esclusivamente una diminuente di pena (da un minimo di 6 mesi a un massimo di 2 anni) quando l’autore convive stabilmente con il malato e agisce in stato di grave turbamento determinato dalla sofferenza dello stesso.

In tutti gli altri casi resta inalterato il testo vigente dell’art. 580 del codice penale, così ignorando i principi sanciti dalla Corte costituzionale. Dopodiché si pone mano alla legge 219/2017. Qui, a proposito del rifiuto dell’accanimento terapeutico, nutrizione e idratazione artificiali sono considerate, secondo la letteratura scientifica prevalente, misure terapeutiche, alle quali il paziente può rinunciare.

Nel disegno di legge di Forza Italia, invece, nutrizione e idratazione artificiali sono assimilate a trattamenti di sostegno vitale, che mai possono essere sospesi, neanche in presenza di una dichiarazione esplicita del paziente. Si legittima insomma un trattamento sanitario obbligatorio che, secondo l’art. 32 della Costituzione (nel testo voluto da Aldo Moro proprio a tutela della dignità individuale), non può mai “violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Inoltre, si prevede che la sedazione profonda debba necessariamente seguire, in presenza di sintomi refrattari ai trattamenti sanitari, le cure palliative. Questo è un punto particolarmente significativo perché la sedazione profonda, prevista dalla legge del 2017, è una procedura largamente accettata dall’opinione pubblica e vista con favore dalla stessa pastorale cattolica.

Si pensi al fatto che già nel 1957 l’allora pontefice Pio XII, rivolgendosi al congresso della Società italiana di anestesiologia, così affermava: “L’uso dei narcotici per morenti o malati in pericolo di morte è lecito anche se l’attenuazione del dolore renderà più breve la vita”. C’è da credere che quelle parole così impegnative per la morale cristiana, se non sottaciute per oltre mezzo secolo, avrebbero potuto orientare in maniera assai diversa la dottrina delle gerarchie ecclesiastiche e la mentalità collettiva.

Ancora. Nel ddl Paroli va evidenziato un altro passaggio: i trattamenti in questione saranno consentiti esclusivamente nelle strutture sanitarie pubbliche con totale esclusione di quelle private. In queste ultime - la conseguenza è pressoché fatale - tenderà a riprodursi la pratica dell’eutanasia clandestina e la selezione “classista” e di censo di chi potrà accedervi.

In altri termini, chi disporrà di maggiori risorse (economiche, di informazione e di relazione) potrà ricorrere all’aiuto al suicidio medicalmente assistito, mentre chi ne è privo o scarsamente provvisto rischia di incorrere in una grave sanzione penale. Conferma, semmai ce ne fosse bisogno, di quel vizio proibizionista e panpenalista che affligge e immiserisce la destra italiana e che, in questa occasione, si propone nella sua forma più iniqua. Fino a negare quel diritto che la misericordia umana e la giurisprudenza ordinaria e costituzionale, la pietas religiosa e la scienza medica riconoscono: il diritto all’autodeterminazione e a decidere di che vita vivere e di che morte morire.