di Patrizio Gonnella*
Il Manifesto, 15 agosto 2025
In passato sulle pagine di questo giornale a più riprese avevamo sottolineato l’evidente mancanza di indipendenza di chi è stato nominato al vertice di tale struttura. Che pena, che tristezza, che vergogna e quante mistificazioni! È penosa ogni minimizzazione del numero dei suicidi e dei morti in carcere da parte del ministro della giustizia Carlo Nordio. È triste vedere che non c’è alcuna differenziazione nella maggioranza. E che vergogna leggere che il Garante delle persone private della libertà, con un comunicato di una delle componenti del collegio, si accodi a quell’interpretazione, per evitare ogni conflitto con chi li ha nominati.
In passato sulle pagine di questo giornale a più riprese avevamo sottolineato l’evidente mancanza di indipendenza di chi è stato nominato al vertice di tale struttura. Si può mai essere il controllore delle condizioni di vita in carcere se sino al giorno prima eri il controllato, ossia dirigente generale dell’amministrazione penitenziaria? Ciò ovviamente vale anche per tutte quelle realtà territoriali cadute nello stesso equivoco. Proprio sul manifesto il terzo componente dell’autorità del Garante ha manifestato la propria distanza da quel comunicato. Forse le sue dimissioni potrebbero sollevare il caso di un’Autorità non indipendente e portarlo davanti alle Camere e al Capo dello Stato. Sappiamo perfettamente che non si arriverà fino al punto da sottrarre al governo una nomina di garanzia ma quanto meno verrà posta pubblicamente la questione.
Veniamo alle mistificazioni sui numeri, tenendo conto che la scienza statistica ha delle regole che devono essere rispettate. Non è vero, purtroppo, che i suicidi sono in calo. In primo luogo bisognerebbe accordarsi su come certificare un suicidio. Nei numeri ministeriali non si tiene conto delle persone che tentano di suicidarsi in carcere ma muoiono in ospedale, così come non si conteggiano tutti coloro che muoiono per cause da accertare. Un accertamento che in molti casi non avverrà mai. Ovviamente i numeri assoluti dei suicidi non sono da soli sufficienti a disegnare un quadro chiaro del trend. Bisogna tenere conto anche del numero complessivo dei detenuti. Prendendo come dato delle presenze quello al 31 gennaio dell’anno di riferimento (data scelta convenzionalmente dall’Università di Losanna che cura una pubblicazione sui dati statistici penitenziari in Europa), vediamo quale è il tasso di suicidi ogni 10mila detenuti. Nel 2024 è stato pari a 15 suicidi ogni 10mila persone ristrette, nel 2023 è stato pari a circa 12, nel 2025 è pari a 14,5. Considerando che ad agosto si assiste sempre a una tragica accelerazione nelle scelte autosoppressive, possiamo ben dire che il 2025 è in linea con l’anno precedente. Si tratta di un tasso circa doppio rispetto a quello della mediana europea.
Ogni suicidio è una scelta tragica che non si può comprendere usando criteri interpretativi standardizzati. Due considerazioni statistiche però indicano una responsabilità di sistema. Nell’Italia libera, quella non carceraria, il tasso dei suicidi ogni 10 mila persone è pari circa a 0,6, ossia più o meno venticinque volte più basso. Una enormità che segna quanto il carcere sia patogeno. L’Italia è uno dei paesi d’Europa dove fuori dalle prigioni ci si suicida di meno e dentro le prigioni di più. In secondo luogo, quando nelle carceri i detenuti percepiscono una speranza e quando il sovraffollamento si attenua anche il tasso di suicidi si riduce significativamente.
Il 2013 fu l’anno della sentenza Torreggiani che condannò l’Italia per le condizioni disumane di detenzione. Ad ottobre dello stesso anno il Capo dello Stato Giorgio Napolitano si rivolse con un proprio messaggio alle Camere riunite. Il governo e il parlamento di allora presero sul serio il tema. Furono votate delle riforme dirette a ridurre i numeri della popolazione reclusa. Il tasso di suicidi nel 2014 fu di circa 8 ogni 10mila detenuti, ossia poco più della metà dell’attuale. Fu in quella stagione che con una legge, sicuramente perfettibile ma decisamente importante, fu istituito il Garante delle persone private della libertà. Era il lontano 1997 quando Antigone a Padova per la prima volta propose di introdurre una simile figura nell’ordinamento giuridico italiano. Attendemmo oltre quindici anni per vederne la nascita. Ora stiamo assistendo alla sua prigionizzazione istituzionale.
*Presidente dell’Associazione Antigone










