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di Luca Pons

fanpage.it, 18 novembre 2023

Il nuovo reato di rivolta in carcere prevede una pena da 2 a 8 anni di detenzione. Vale anche per i Cpr, in cui sono detenute alcune persone migranti che dovrebbero essere rimpatriate. Il governo Meloni ha deciso di punire anche le proteste non violente, come la resistenza passiva agli ordini.

Nuovo intervento del governo Meloni, che cambia ancora il codice penale. Non aggravando le pene, come fatto in altri casi, ma istituendo un vero e proprio nuovo reato: la rivolta in carcere. Il testo dell’articolo chiarisce che il reato peraltro vale anche nei casi di proteste non violente, cioè quelle che prevedono una “resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini impartiti”. La novità arriva nel cosiddetto pacchetto Sicurezza, cioè tre diversi disegni di legge in materia: ci sono strette anche sugli attivisti per l’ambiente e sulle donne incinte o con figli piccoli.

La norma punisce “chiunque, all’interno di un istituto penitenziario”, in un gruppo di tre o più persone, organizza o promuove una rivolta. Può avvenire in diversi medi: “Mediante atti di violenza o minaccia, tentativi di evasione, di resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini impartiti, commessi o posti in essere in tre o più persone riunite”. La pena è da 2 a 8 anni di reclusione. Per chi si limita a partecipare alla rivolta, va da 1 a 5 anni.

Le punizioni diventano più pesanti se nel corso della protesta di usano delle armi (da 3 a 10 anni) o se una persona viene ferita o uccisa (da 10 a 20 anni). Lo stesso si applica anche se la morte o ferita avviene dopo la rivolta, come sua conseguenza. Poi il reato si allarga e coinvolge anche tutti coloro che istigano una mobilitazione di questo tipo, con messaggi scritti dall’esterno o dall’interno del carcere. “Mai più rivolte eterodirette dalla criminalità organizzata senza reazione da parte dello Stato”, ha detto il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, che ha aggiunto: “Basta impunità a chi mette a ferro e fuoco gli istituti penitenziari. Nessuna indulgenza per chi aggredisce uomini e donne della polizia penitenziaria. Difendiamo chi ci difende”.

Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi ha anche confermato che questa norma si applicherà ai Centri di permanenza per il rimpatrio, o Cpr. Si tratta delle strutture in cui vengono detenute le persone migranti che devono essere rimpatriate ma sono ritenute per qualche motivo socialmente pericolose. Il governo Meloni ha chiarito a più riprese che intende estendere la rete dei Cpr, istituendone uno per Regione. Per chi organizza una rivolta in un Cpr la pena sarà la stessa delle carceri. Il ministro Piantedosi ha sottolineato che in passato in questi centri ci sono stati incendi o altre proteste violente, che hanno “messo a rischio l’incolumità delle stesse persone trattenute”.