di Liana Milella
La Repubblica, 10 agosto 2024
L’ex procuratore aggiunto di Venezia passerà alla storia per aver utilizzato i suicidi in carcere per fare leggi a favore di amministratori pubblici e politici che violano le regole. Dovremo ricordarcelo, negli anni a venire, questo torrido agosto. Quello in cui un ministro della Giustizia ed ex procuratore aggiunto di Venezia ha violato le regole del vivere civile, sfruttando il suicidio dei carcerati per avvantaggiare i potenti. Con la compiacenza di Giorgia Meloni, la premier che vende la sua immagine di donna che viene dal popolo e che pensa al popolo. E forse non venivano dal popolo - italiano e straniero - i 65 esseri umani che in carcere hanno rinunciato a vivere? Nessuno, sano di mente e non cinico fino alle midolla, può sostenerlo.
E allora consegniamo al ricordo questo 9 agosto, giorno in cui Sergio Mattarella è costretto a firmare l’unico disegno di legge prodotto da Carlo Nordio in 21 mesi di governo. In evidente contrasto con i dettami europei e le convenzioni internazionali, e a dircelo saranno la stessa Europa e la nostra Consulta. A meno che la solerte maggioranza non ne stravolga l’assetto scegliendo tutti giuristi di ultradestra. Una (ormai) legge pervasa soltanto dalla voglia di proteggere gli amministratori pubblici che prevaricano i cittadini. Nonché da quella di evitare che i colletti bianchi finiscano in cella e che i giornalisti pubblichino le intercettazioni.
Ma se fosse solo questo potremmo attribuirlo a una scelta ideologica, tutelare le classi dirigenti a danno dei cittadini. Ma purtroppo v’è di più e di peggio in questa tornata legislativa, che accanto alla legge sull’abuso d’ufficio vede approvato anche il “presunto” decreto sulle carceri. Un decreto che già abusa della sua natura perché non contiene una sola norma che concretamente blocchi i suicidi. Non una sola agevolazione per i detenuti, con la beffa di quelle telefonate che passano da quattro a sei al mese. Proviamo a metterci accanto all’uomo o alla donna che sta pensando al suicidio. E che magari cerca il conforto di una voce amica che potrebbe convincerla a non farlo. E misuriamo la sua angoscia che dovrebbe attenuarsi con sei telefonate nell’arco di 30 giorni. Grottesco perfino osare pensarlo.
Ma tant’è. Questo è Nordio. E con lui i suoi sottosegretari Sisto, Delmastro, Ostellari. E la sua maggioranza. Che ha tutt’altra preoccupazione. Quella di evitare che i tanti Toti finiscano in galera. È per loro che si ipotizza uno scudo. È per loro che si vuole ridurre al minimo la custodia cautelare. È per loro che si vogliono sopprimere le intercettazioni. È per loro che si vuole vietare ai giornalisti di pubblicarle. È per loro che si muove Matteo Salvini. E qui siamo ben oltre Silvio Berlusconi e il suo lodo Alfano per le sole alte cariche. Qui una maggioranza che si ammanta di presunto populismo sforna leggi a misura della casta, proteggendone gli abusi con norme compiacenti e che legano le mani ai magistrati e alle loro stesse polizie. È un giorno fosco per l’Italia quello in cui si lasciano in galera le donne con i figli piccoli. Quello in cui si chiude volutamente un occhio sugli amministratori corrotti. Quello in cui una legge e un decreto guardano esclusivamente al potere e non alla Costituzione.