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di Enrico Franceschini

La Repubblica, 1 maggio 2022

I casi sono stati classificati come suicidio ma il sospetto è che non abbiano seguito la linea di Putin sull’invasione e che qualcuno gliela abbia fatta pagare, dando un segnale anche ad altri imprenditori tentati dall’esprimere dissenso. Quattro erano dirigenti di Gazprom.

Centinaia di oligarchi russi legati al Cremlino sono stati colpiti dalle sanzioni occidentali dall’inizio della guerra in Ucraina, nella speranza di spingerli a schierarsi contro il conflitto e a delegittimare Vladimir Putin. Ma negli ultimi mesi alcuni membri della casta dei miliardari di Mosca hanno subito una punizione ancora peggiore delle sanzioni: sono morti, quasi tutti in circostanze poco chiare. Il sospetto è che non abbiano seguito la linea del presidente russo sull’invasione e che qualcuno gliela abbia fatta subito pagare, dando un segnale anche ad altri imprenditori tentati dall’esprimere dissenso.

Naturalmente è soltanto un’ipotesi che circola sui media, negli ambienti diplomatici e in quelli dell’intelligence. Di certo c’è che, se l’Occidente si aspettava una rivolta degli oligarchi contro Putin come risultato delle sanzioni, è rimasto deluso: a parte qualche velata critica alla guerra in generale, non direttamente alla Russia, da parte di un paio di oligarchi, tra cui il miliardario Oleg Deripaska, e la fuga all’estero di un oligarca della prima ora, Anatolij Chubais, salito alla ribalta già negli anni della presidenza Eltsin, la maggioranza si è allineata. Cosa pensino davvero, non è noto. Uno dei motivi per cui tacciono è non danneggiare le proprie imprese in Russia. Un altro potrebbe essere la paura di fare la fine della mezza dozzina deceduti nel frattempo.

I casi più recenti risalgono alla settimana scorsa, quando due oligarchi russi sono stati ritrovati morti insieme alle loro famiglie nel giro di 48 ore in quelli che gli investigatori hanno definito “suicidio o omicidio”. Dall’inizio del 2022, altri quattro hanno perso la vita apparentemente suicidandosi in modo misterioso.

Il multimilionario Sertej Protosenya è stato ritrovato impiccato il 20 aprile nella villa che aveva affittato in Spagna per la Pasqua con i suoi familiari. I corpi della moglie e della figlia di 18 anni erano nei loro letti, ciascuna morta accoltellata. Gli inquirenti stanno indagando la possibilità che si tratti di un duplice omicidio più un suicidio, ma non escludono nulla al momento. Protosenyan era un ex-manager del complesso energetico Novotek, la maggiore azienda indipendente fornitrice di gas in Russia.Nessun messaggio per spiegare le ragioni per cui si sarebbe tolto la vita è stato rinvenuto nella casa.

Appena il giorno prima, l’agenzia Tass ha riportato la morte di un altro oligarca, Vladislav Avayev, nel suo appartamento di Mosca, dove sono stati ritrovati i corpi senza vita anche della moglie e della figlia di 13 anni. Lui era l’ex-vicepresidente della Gazprombank, la banca collegata al gigante energetico statale russo.

La polizia ha reso noto che secondo indagini preliminari l’uomo si sarebbe suicidato dopo avere ucciso la consorte e la figlia con la pistola che gli è rimasta in pugno dopo essersi sparato. “Ho l’impressione di una messa in scena”, ha avuto il coraggio di commentare un altro ex-vicepresidente della Gazprombank, Igor Volobuev, di origine ucraina, che 24 ore dopo ha annunciato di avere lasciato la Russia e di essere andato a combattere per Kiev. “Forse il mio collega sapeva troppo o rappresentava un pericolo”.

All’inizio di marzo, dunque dopo due settimane di guerra, un terzo oligarca, Vasily Melnikov, è stato trovato morto insieme alla moglie e a due figli di 10 e 4 anni nella loro dacia vicino a Nizhny Novgorod. Arma di quello che la polizia ha definito anche in questo caso un “triplice omicidio seguito da un suicidio” sarebbe un coltello ritrovato nella lussuosa residenza. Vicini di casa e amici hanno dichiarato al giornale Kommersant di non riuscire a credere che Melnikov abbia potuto uccidere moglie e figli. Erano appena tornati da una vacanza alle Maldive.

Il 28 febbraio, con la guerra scoppiata da quattro giorni, un quarto oligarca, Mikhail Watford (il cognome che aveva adottato quando si è trasferito a vivere nel Regno Unito - quello anagrafico era Tolstosheya), è stato trovato impiccato nel garage della sua villa nel Surrey, una contea dell’Inghilterra meridionale. Nel suo caso la moglie e i bambini, che erano nell’abitazione, non sono stati vittime di violenze.

Tre giorni prima, dunque un giorno dopo l’inizio dell’invasione, un vicepresidente del Gazprom, Aleksandr Tyulyakov, è stato ritrovato impiccato nel garage della sua dacia del quartiere moscovita di Leninskij. Un mese prima, nel medesimo quartiere, un sesto oligarca, anche lui ex-manager del Gazprom, è stato ritrovato morto per un apparente suicidio. In un messaggio di spiegazioni lasciato accanto al cadavere, ha detto di essersi ucciso per “un insopportabile dolore a una gamba”.

Nella comunità di emigranti dall’ex-Urss in Europa, qualcuno parla di “epidemia di suicidi”: certamente sei oligarchi che si tolgono la vita in tre mesi, quasi tutti durante la guerra in Ucraina, non sembrano una coincidenza. Ma non è insolito morire, scomparire o suicidarsi, per i nuovi ricchi che circolano all’ombra del Cremlino: nel 2017 un rapporto pubblicato da Usa Today riscontrò che 38 imprenditori o dirigenti d’azienda russi avevano perso la vita nei tre anni precedenti. L’invasione dell’Ucraina, per una ragione o per l’altra, ha aumentato il ritmo.