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di Monica Ricci Sargentini

Corriere della Sera, 2 agosto 2023

Il ministro degli Esteri Malki in visita a Roma incontra il suo omologo Tajani e chiede: abbiamo bisogno di una parte terza. “La Palestina oggi è una terra dimenticata, si parla solo di Ucraina e Cina, il mondo non ha interesse al processo di pace, così la situazione esploderà, non dovremmo lasciare il terreno in mano agli estremisti da ambo i fronti”. Il ministro degli Esteri Ryiad Malki ci riceve nell’ambasciata romana, di fronte alle Terme di Caracalla e a un passo dalla Fao. È appena tornato dal colloquio alla Farnesina con il suo omologo Antonio Tajani: “È stato un buon incontro, sono sicuro che potremo lavorare insieme. Abbiamo fiducia nell’Italia - dice -, lui è venuto in Palestina pochi mesi fa e ha appena visto qui a Roma il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen, sa bene qual è la situazione. Tajani è una persona di grande esperienza ed è rispettata da entrambi i fronti. A lui ho detto non possiamo aiutarci da soli, abbiamo bisogno di una parte terza”.

La scorsa settimana il presidente Abu Mazen ha visitato Jenin per la prima volta in undici anni. L’Autorità Nazionale Palestinese sembra aver perso il controllo della città che un tempo era dominata da Fatah. Come lo spiega?

“La nostra gente si aspetta che li proteggiamo e quando falliamo perdiamo il controllo che poi è proprio quello che vuole Israele. Ogni giorno i soldati israeliani invadono i villaggi,entrano nelle case, distruggono i mobili, se resisti ti ammazzano. Dall’inizio dell’anno sono stati uccisi 200 palestinesi, 100 le case rase al suolo e 500 quelle parzialmente distrutte, 4mila le persone arrestate. A Jenin hanno distrutto le strade, la rete elettrica e idrica. Seimila persone sono finite in mezzo a una strada. La loro politica è quella di renderci deboli”.

Le elezioni legislative del 2021 sono state rimandate sine die e Abu Mazen, che ha 87 anni, non ha indicato un successore, questo crea uno stato d’incertezza nell’Anp...

“Siamo una democrazia, non è Abbas che deve scegliere il successore!”.

Ma che democrazia è se non votate?

“Gli israeliani non ci permettono di organizzare il voto a Gerusalemme est e non possiamo tenere le elezioni solo in una parte del Paese. Abbiamo chiesto a Usa e Ue di aiutarci ma per ora non è stato ottenuto alcun risultato. Stanno ricattando la nostra democrazia. Se ci daranno il via in 60 giorni porteremo la nostra gente al voto”.

I negoziati di pace sono fermi al 2014, c’è possibilità che ripartano?

“Sono stati gli americani a sabotare il lavoro del Quartetto (Ue, Russia, Onu e Usa) che nel 2003 era stato incaricato di lavorare alla soluzione dei due Stati. Ma gli americani volevano giocare da soli per prendersi tutto il merito, poi nel 2014 hanno fallito. Da allora non è più successo nulla. Tutti i governi israeliani hanno detto che sono contro la soluzione dei due Stati. Oggi, poi,c’è l’esecutivo più estremista e più fascista di sempre. Quindi direi che le possibilità sono meno di zero. A meno che la comunità internazionale non imponga una soluzione”.

Abu Mazen è stato in Egitto per incontrare i leader di Hamas. È possibile ristabilire un’unità tra le diverse fazioni palestinesi?

“Il presidente sta lavorando fortemente a questo, ha parlato con gli esponenti di Hamas per ore ad Ankara quando ha visto Erdogan, poi domenica tutte le fazioni si sono viste in Egitto per discutere come arginare la violenza che sta colpendo il Paese. È un primo passo in questa direzione”.

Abbas ha incontrato anche Xi Jinping. Pensa che la Cina possa avere un ruolo da mediatore più forte di quello americano?

“Pechino non è interessata a mediare, vuole solo accrescere il suo ruolo nell’area ma è ovvio che se gli americani si dileguano chiunque potrà prendere il loro posto”.

Domenica nella striscia di Gaza la gente è scesa in piazza per protestare contro i black out, la mancanza di acqua, le difficoltà della vita quotidiana. Cresce lo scontento nei confronti di Hamas?

“Non c’è luce e acqua per 24 ore al giorno, la disoccupazione è al 70%, la gente è allo stremo cosa si aspetta? È la rabbia che viene fuori”.

Grazie agli americani potrebbe esserci un accordo per normalizzare le relazioni tra Israele e l’Arabia Saudita. Cosa ne pensa?

“Mi sembra che Riad abbia messo in chiaro che questo potrà accadere solo se nascerà lo Stato palestinese e finirà l’occupazione dei Territori. Biden, dal canto suo, cerca la rielezione e vuole mettere al sicuro il voto degli ebrei americani facendo vedere come si prodiga per aiutare Israele. Un gioco che, se riuscisse, dimostrerebbe che la questione palestinese non è importante per gli arabi”.

Parliamo di diritti umani, negli anni sono state tantissime le persone Lgbt che hanno lasciato la Palestina vivere in Israele. Avete un piano per rendere il Paese più inclusivo?

“Guardi noi siamo sotto occupazione. Quando questa guerra sarà finita potete chiederci di occuparci di queste questioni. In questo momento pensiamo a ricostruire le case distrutte e ad aiutare le famiglie”.