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di Giuliano Foschini

La Repubblica

Sette lettere nel 2023 all’ambasciata, l’ultima dopo la liberazione di Zaki; le richieste ora che i due Paesi si parlano: “Ma finora nessuna risposta”. “Vogliamo parlare con l’Egitto, ma non si degnano nemmeno di una risposta”. Come se già non fosse abbastanza, Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, hanno chiesto più volte un incontro al nuovo ambasciatore del Cairo in Italia per capire come l’Egitto volesse mettere in pratica la collaborazione annunciata in più occasioni al nostro Governo. Non hanno però mai ottenuto alcuna risposta. La loro legale, Alessandra Ballerini, ha scritto per l’ennesima volta pochi giorni fa, il 27 di luglio a Bassam Rady, l’ambasciatore nominato a maggio del 2022 e arrivato a Roma a marzo di quest’anno. Rady non è un diplomatico qualsiasi ma è l’ex portavoce di Sisi: è uno dei pochi uomini dell’apparato che sa quindi molto, forse tutto, del fascicolo Regeni. Quello che è noto e quello che invece non è mai emerso.

Le pec senza risposta - “Faccio seguito, con la presente - scrive l’avvocato Ballerini nell’ultima pec inviata - alle mie missive del 2, 6 e 23 febbraio; del 3 e 16 marzo; e del 12 luglio, tutte rimaste inopinatamente inevase. Alla luce delle rinnovate relazioni tra il nostro Paese e l’Egitto, “nel quadro del rispetto reciproco” da lei invocato nei recenti comunicati, le chiedo di fissare senza ulteriori indugi la data di un incontro con la famiglia Regeni. La sua mancata risposta (dopo mesi di solleciti) non può che essere considerata dall’opinione pubblica un’assoluta mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini italiani e del nostro Paese. Confido che grazie anche all’intermediazione del nostro Ambasciatore e della Farnesina che ci leggono in copia, vorrà rispondermi a breve con la necessaria cortesia”.

Appello al governo Meloni - La risposta non è arrivata. E se il silenzio continuasse, i Regeni - ieri ospiti a Gradisca di Isonzo alle Onde Mediterranee Festival che ha dedicato un’intera giornata al giallo, il colore della battaglia per la verità su Giulio - hanno detto chiaramente che non si fermeranno. Non si stancheranno di chiedere giustizia e di pretendere la verità. “Abbiamo scritto nei giorni scorsi anche alla Farnesina, perché sembrava che dovesse venire al Sisi in Italia lo scorso weekend, e invece c’è stato il primo ministro. Eravamo disponibili anche a una video conferenza, e invece niente”. Eppure, fa notare l’avvocato Ballerini, il governo Meloni continua a parlare di “collaborazione” con un paese che non solo sta impedendo che si celebri il processo ai quattro imputati - non comunicando i loro indirizzi - per il sequestro, le torture e l’omicidio del ricercatore italiano. Ma non ha mai nemmeno consegnato, come promesso, gli effetti personali del ragazzo alla famiglia.

Paura per Patrick Zaki - Ieri era la prima occasione pubblica a cui i Regeni partecipavano dopo la liberazione di Patrick Zaki. “Patrick - ha spiegato l’avvocato Ballerini, con Paola e Claudio accanto - è stato rapito pochi giorni dopo la nostra audizione alla commissione parlamentare, in cui avevamo denunciato le sparizioni forzate in Egitto. Ed è stato preso come ostaggio, come arma di ricatto. Noi ora abbiamo paura per lui. Lui ha avuto una grazia che non è un’immunità: gli hanno tolto un reato, ma non tutti quelli che una dittatura potrebbe attribuirgli. Se lo leghiamo a noi, alla nostra battaglia, sapendo quanto ci odiano, potrebbero accanirsi su di lui. Per questo non abbiamo parlato mai di lui, seppur aiutandolo dietro le quinte. Poi va detto, e nulla toglie alla felicità che lui sia libero, che Patrick è uno dei 60mila detenuti che oggi sono in carcere in Egitto. La nostra battaglia è e continuerà ad essere per tutti i Giulio del mondo”.