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di Francesco Machina Grifeo

Il Sole 24 Ore, 31 agosto 2023

La Corte di cassazione, sentenza n. 36215 depositata oggi, ha accolto con rinvio il ricorso di un detenuto malato di cancro condannato per reati di mafia. Sì al differimento della pena per praticare le cure mediche necessarie alla tutela della salute anche per chi sta scontando la pena per reati di mafia. La Corte di cassazione, sentenza n. 36215 depositata oggi, conferma sul punto la linea della concretezza affermando che nel caso di diniego il tribunale dovrà indicare specificamente i luoghi in cui può avvenire la cura e le relative modalità.

La Prima sezione penale, accogliendo (con rinvio) il ricorso del detenuto, ha così annullato l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Palermo che aveva rigettato l’istanza volta alla concessione del differimento della pena, o, in subordine, di detenzione domiciliare per motivi di salute, disponendo contestualmente la trasmissione degli atti alla Direzione della Casa circondariale di Benevento, perché, di concerto con il Dirigente sanitario, fosse individuata tempestivamente una struttura sanitaria pubblica anche in ambito extraregionale, per la sollecita risoluzione delle esigenze terapeutiche e interventistiche di cui il detenuto necessita, dando altresì atto dell’elevato grado di pericolosità del detenuto (affetto da epatite cronica e carcinoma), condannato per il delitto di cui all’articolo 416-bis cod. pen. e mai dissociatosi. In particolare, per il giudice le esigenze terapeutiche erano affrontabili “mediante tempestivo intervento chirurgico, non richiedente standard di abilità superiori alla norma, presso struttura pubblica del Ssn”.

Nel ricorso il detenuto ha sottolineato il ribaltamento delle relazioni mediche che concludevano per l’incompatibilità con il carcere evidenziando l’indifferibilità dell’intervento chirurgico e la necessità di garantire successivamente tutte le cure necessarie.

La Cassazione ricorda che, secondo la previsione dell’articolo 147, comma 1, n. 2, cod. pen., il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena può essere concesso al condannato che risulti affetto da “una grave infermità fisica” che renda le condizioni di salute del soggetto incompatibili con il carcere. E che ai sensi dell’articolo 47-ter, comma 1-ter, ord. pen., ove ricorra tale presupposto, può essere disposta la detenzione domiciliare in luogo del rinvio dell’esecuzione della pena, chiesto in via principale, ove il giudice ritenga che l’esigenza di contenere la residua pericolosità del detenuto con un presidio detentivo sia prevalente rispetto a quella di tutela della salute.

Il rigetto dell’istanza postula dunque una valutazione di compatibilità delle condizioni di salute del detenuto con il regime carcerario attraverso un giudizio bifasico che tenga conto del quadro nosografico ed in concreto delle modalità di somministrazione delle terapie. Mentre il grave stato di salute va inteso come patologia implicante un serio pericolo per la vita o la probabilità di altre rilevanti conseguenze dannose, eliminabili o procrastinabili con cure o trattamenti tali da non poter essere praticati in regime di detenzione inframuraria neppure mediante ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura ai sensi dell’articolo 11 ord. pen..

Da tutto ciò la Cassazione conclude che il differimento della pena per motivi di salute può essere concesso “solo per l’impossibilità di praticare utilmente, in ambiente carcerario, le cure necessarie nel corso dell’esecuzione della pena”, tuttavia “là dove il Tribunale di sorveglianza ritenga che il differimento invocato non possa essere concesso, per essere possibili utili pratiche sanitarie anche presso luoghi esterni di cura, vi è l’onere di indicare con precisione, e non genericamente, tale luogo quando si ammette la necessità di assicurare l’espiazione della pena in diversa struttura, onere al quale si accompagna quello di verifica della concreta fattibilità delle cure indicate come necessarie”.