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di Valeria Pacelli

Il Fatto Quotidiano, 10 gennaio 2023

Non solo una parte della magistratura. A sollevare critiche alla riforma Cartabia ora ci sono anche alcuni sindacati dei carabinieri, che hanno raccolto le lamentale delle questure, soprattutto quelle delle piccole città, che si ritrovano a dover applicare una disciplina da poco entrata in vigore, senza gli strumenti necessari.

Le segnalazioni sono arrivate da più parti del territorio. “Questa riforma sta stravolgendo il lavoro delle forze di polizia, crea disorientamento”, spiega Alfonso Montalbano del direttivo nazionale dell’Usmia, uno dei sindacati dei militari. Qualche giorno fa è stato scritto un comunicato in cui si chiede “con urgenza un intervento al governo e alla magistratura” per ottenere chiarimenti sulle videoregistrazioni e sui corsi di aggiornamento non ancora partiti.

E intanto centinaia di fermi rischiano di saltare. Perché il primo ostacolo è proprio quello dei reati da pochi giorni procedibili a querela, mentre prima lo erano d’ufficio. Dal 30 dicembre, infatti, per furti, lesioni lievi o molestie, ma anche sequestri di persona e violenza privata, è necessaria una denuncia da parte della vittima. E questo vale anche per i fascicoli aperti prima dell’entrata in vigore della Cartabia. “Ci ritroviamo nella situazione in cui dobbiamo correre ai ripari. In collaborazione con diverse Procure, anch’esse travolte dalla dirompenza della norma, stiamo cercando le vittime di quei vecchi fascicoli aperti nei mesi scorsi e a suo tempo procedibili d’ufficio, per chiedere di formalizzare la querela. Abbiamo tempo fino al 19 gennaio, dopodiché si procederà alla scarcerazione”.

In diverse Procure italiane, da Reggio Calabria a Roma, i magistrati stanno facendo un punto per capire come trattare i fascicoli già aperti. E sono anche in corso riunioni per redigere circolari su come applicare la nuova riforma.

La situazione che si è venuta a creare è simile a quando è entrata in vigore (nel novembre 2021) la legge sulla presunzione di innocenza, che è intervenuta per regolare i rapporti con la stampa. A questo intervento normativo sono seguite circolari di varie Procure e anche incontri organizzati dalle forze dell’ordine in diverse regioni, dalla Sardegna alla Campania. Allo stesso modo, ora i magistrati stanno cercando di capire come rendere più chiara l’applicazione della riforma Cartabia anche per dare indicazioni precise alla polizia giudiziaria.

Nel frattempo si naviga a vista. Uno dei problemi sottolineati dai sindacati dei carabinieri riguarda le videoregistrazioni: “Ora sono previste per casi particolari, ma mancano gli strumenti necessari, come ci stanno segnalando. E allo stesso modo manca anche la modulistica, come i verbali multilingua da consegnare a chi formalizza una denuncia. Può sembrare una minuzia, ma così molte querele saltano”, aggiunge Montalbano.

C’è poi la questione della formazione: “Non c’è stato il tempo di preparare le forze dell’ordine. Ci rendiamo conto che l’attuale governo si è ritrovato questo testo normativo, ma auspichiamo un intervento per finanziare le nostre amministrazioni al fine di formare il personale e dotarlo dei necessari strumenti tecnici”. Come ogni volta che vengono introdotte modifiche normative, il Comando generale dell’Arma prevede a favore del personale aggiornamenti anche da parte della scala gerarchica, ma la fase attuale è ancora di assestamento.

Usmia però non è l’unico sindacato che sta muovendo le acque. Anche Unarma lamenta la mancanza di strumenti per le videoregistrazioni: “La riforma Cartabia - riporta una nota - è entrata in vigore da solo una settimana, ma dal provvedimento emergono già delle lacune che, generando dubbi interpretativi, paralizzano l’iter della giustizia. In questo modo anziché agevolare le forze dell’ordine, gli agenti finiscono in un’impasse burocratico con il rischio di non convalidare gli arresti”. Insomma anche i militari, su questa riforma, hanno qualcosa da dire.