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di Maurizio Francesconi

Corriere di Torino, 26 aprile 2023

Il nodo è la “riparazione”, a livello individuale ma anche collettivo. Ennio Tomaselli, ex magistrato, è l’autore di “Fronte Sud” (edito da Manni), terzo romanzo che vede protagonista Salvatore Malavoglia detto Salvo, 68 anni. È anche lui, come il suo creatore, un giudice minorile, coinvolto in una vicenda ricca di colpi di scena, ma soprattutto di rapporti: con giovani (italiani e migranti) che vivono una difficile integrazione e con un passato, quello del colonialismo italiano, che non smette di interrogarci.

“Il passato rimosso dell’Italia è davvero disconnesso dal nostro presente?”, si domanda Tomaselli. “Oltre al dovere di solidarietà nei confronti dei ragazzi che oggi arrivano dall’africa, non c’è forse un debito, con una matrice storica, con un significato morale?

Etiopia, Eritrea, Libia non solo punti sulla carta geografica. Non lo sono per il mio protagonista, il cui padre ha partecipato alla guerra di conquista italiana in Etiopia, e non possono esserlo per nessuno di noi”. Come Tomaselli, il suo protagonista Malavoglia è pieno di dubbi (sulla professione, le istituzioni, le regole…) ma soprattutto pieno di slanci ed entusiasmi. Convinto che “quello che ci tocca è guardare sempre verso il Sud del mondo e della vita, verso le aree più problematiche della storia e della memoria”.

E come Malavoglia, anche Tomaselli è stato giudice e pubblico ministero in ambito minorile. “Ho iniziato nel 1978, poco prima del rapimento Moro. In comune con Malavoglia ho la percezione dell’estrema complessità dell’ambito minorile, di fronte al quale devi chiaramente utilizzare gli strumenti che ti dà la legge ma anche farti carico della situazione. Quando un ragazzo è “messo alla prova”, è un impegno per l’intero sistema della giustizia. Siamo tutti messi alla prova, tanto che Malavoglia si fa carico personalmente, concreta

In occasione del 60esimo anniversario della pubblicazione de di Primo Levi e per celebrare la Liberazione, il Centro Internazionale di Studi Primo Levi di Torino con il Polo del ‘900, il Teatro Stabile, il Dipartimento di Lingue dell’università e il Conservatorio Verdi promuovono una lettura multilingue del volume in cui Primo Levi racconta il suo viaggio mente di questi ragazzi. Non è un prendersi cura in senso vago e generale, ma concreta. Ed estesa a molti altri, non solo migranti, ma italiani e ugualmente bisognosi di cura. Non sempre con successo”.

Nel romanzo c’è anche spazio per un progetto destinato al sostegno professionale ai giovani migranti, che suggerisce i molti progetti nati a Torino ad opera dei santi sociali. Quanto è ancora viva quella tradizione in una città oggi alle prese con i mille problemi dell’accoglienza? “Malavoglia non è di Torino ma, un po’ come me, ha sempre lavorato in Piemonte”, riflette Tomaselli. “Aleggia questo spirito di accoglienza, che è proprio di questa città, in cui c’è un terreno fertile per far germogliare nuove cose. Ad esempio, sono oltre 400 i tutori di minori stranieri non accompagnati da quando questa figura è stata istituita nel 2017. Un record a livello di ritorno da Auschwitz nel 1945. Un gruppo di giovani provenienti dai Paesi attraversati da Primo Levi nella sua odissea verso Torino domani al Teatro Carignano leggeranno alcune pagine de Da Polonia, Bielorussia, Ucraina, Romania, Ungheria, Slovacchia, Russia, Austria, Moldavia e Germania- insieme a un lettore in Yiddish - voci di oggi restituiranno nazionale. Il messaggio che emerge è che, sebbene nessuno di noi abbia l’ambizione di divenire un santo sociale, siamo tutti coinvolti. Non soltanto il magistrato o le forze dell’ordine. Non ci sono buoni o cattivi, ma le persone che si lasciano coinvolgere e quelle rigide, che rimangono arroccate e chiuse all’altro”.

Tomaselli riflette così su quanto il razzismo sia presente oggi in Italia. “Ho scritto un romanzo che vuole guardare onestamente alla realtà. Così non può esserci una risposta netta. Le realtà è variegata, così come le persone. Gli atteggiamenti nei confronti dei migranti sono spesso di sopraffazione, e poi ci sono momenti di accoglienza con progetti meravigliosi di impegno. C’è un terreno fertile su cui è importante lavorare, e ognuno di noi è coinvolto”.