sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Elena Dusi

La Repubblica, 28 ottobre 2023

La Società Italiana di Pediatria sulla salute dei minorenni stranieri in Italia: mortalità e povertà più alte, rischi di infibulazione e matrimoni forzati. E se il genitore perde il lavoro si rischia di restare senza assistenza. I genitori di Kofi erano arrivati in Italia dal Ghana. Quando il bambino - Kofi non è il suo vero nome - è finito in pronto soccorso a Parma a causa del diabete, loro scuotevano la testa increduli. “Ligi alle prescrizioni del medico, davano ogni giorno l’insulina al bambino. Peccato che gliela somministrassero per bocca, non come si dovrebbe, con un’iniezione”. Kofi è arrivato sul ciglio della morte per un banale malinteso linguistico, poi è stato ripreso per i capelli. A raccontare la sua storia emblematica è Gianni Bona, il pediatra di Novara e dell’università del Piemonte Orientale che trent’anni fa ha fondato il Gruppo di lavoro sul bambino migrante della Società Italiana di Pediatria (Sip).

Il Gruppo ha appena presentato al congresso della Sip di Torino gli ultimi dati sulla salute dei bambini stranieri in Italia. Il succo è che barriere linguistiche e burocrazia possono essere un ostacolo all’assistenza sanitaria anche per chi ha i documenti in regola. Prendiamo per esempio l’accordo Stato-Regioni del 2012 che garantisce l’iscrizione al servizio sanitario nazionale e l’assegnazione di un pediatra di famiglia gratuito a tutti i bambini presenti in Italia, indipendentemente dallo status giuridico della famiglia, regolare o no.

“Deve ancora essere ratificato dalla stragrande maggioranza delle Regioni, quindi in pratica è disapplicato quasi ovunque” spiega Piero Valentini, il pediatra della Sip che dirige attualmente il Gruppo per i bambini migranti e lavora al Policlinico Gemelli di Roma. Senza questo intoppo burocratico non solo Kofi, ma anche Andrej, rumeno - ancora una volta il nome è di fantasia - sarebbe vivo. “Aveva 5 mesi e da 2 mesi non cresceva. Qualunque pediatra, se lo avesse visitato, si sarebbe insospettito e avrebbe scoperto la causa. Invece quando è arrivato da noi la tubercolosi era così avanzata che il bambino è morto dopo nove mesi di trattamenti e ricovero” racconta Valentini.

Asma, diabete, malattie infettive come tubercolosi o addirittura sifilide. Sono molti i problemi di salute che i bambini migranti in Italia portano come un fardello invisibile e che possono degenerare se non sono individuati da un pediatra. È accaduto a Jawad (non il suo vero nome), 15 anni, bengalese. Fino a quando il padre ha lavorato come lavapiatti, il pediatra di famiglia ha seguito il suo diabete. Poi con il licenziamento e la perdita del permesso di soggiorno del genitore, per una serie di nodi burocratici mai risolti, il ragazzo non ha più potuto ricevere l’insulina. Oggi se la cava solo perché ha trovato un ambulatorio per migranti irregolari non troppo lontano da casa.

Secondo i dati dell’Istat relativi al 2022 i minorenni stranieri in Italia sono 1,3 milioni. Fra loro circa un milione è nato in Italia da genitori stranieri: appartiene quindi alla seconda generazione. Se si guarda ai nuovi nati, i piccoli migranti sono il 15% del totale. A loro si sommano i mille rivoli dei bambini arrivati sui barconi, spesso non accompagnati, o tramite i ricongiungimenti familiari. Per tutti loro ottenere l’assistenza dal sistema sanitario non è sempre facile: la mortalità infantile fra i migranti è del 3,7 per mille contro il 2,3 degli italiani. Il tasso di povertà delle famiglie straniere con minori è del 36%, mentre quello delle famiglie italiane con minori è dell’8%. L’obesità fra i bambini stranieri è schizzata dall’1% al 10% in dieci anni. “No, non è un paradosso. Il cibo spazzatura costa meno di quello sano” conferma Bona. “Un’altra conseguenza dello stravolgimento dello stile di vita è la pubertà precoce, soprattutto nelle bambine. Parliamo di 5, 6, 7 anni. È davvero troppo presto”.

Se già i maltrattamenti sono più diffusi fra i bambini stranieri (i casi che finiscono di fronte ai servizi sociali sono il triplo rispetto agli italiani), a trovarsi in una posizione particolarmente fragile sono le ragazze. Secondo i dati del Gruppo per i bambini migranti circa 2mila minorenni nate in Italia sono costrette a sposarsi nel paese d’origine, spesso con matrimoni precoci o forzati. Le ragazze che provengono da paesi in cui si pratica l’infibulazione sono 76mila. “Può accadere al Pronto Soccorso di notare le mutilazioni genitali durante le visite fatte per altri motivi” conferma Bona. “In genere la pratica non avviene in Italia, dove è vietata, ma nei paesi d’origine durante una vacanza o una visita ai parenti. Mi è capitato anche di conoscere uno studente del Niger, un futuro pediatra, deciso a far infibulare un’eventuale figlia”.

C’è poi il capitolo dei minori non accompagnati: i bambini o i ragazzi arrivati soli coi barconi. Valentini ricorda un adolescente dall’aria sveglia partito dal Ghana per stare meglio non in termini economici, ma proprio di salute. “Non si sentiva bene, ma nessuno sapeva spiegargli perché. Decise allora di partire, anche se non era particolarmente povero. Attraversò Mali, Mauritania, Libia, qui fu detenuto, ma poi riuscì a salpare. La sua barca affondò e venne rispedito in Libia, ma non desistette e al secondo tentativo raggiunse Lampedusa.

Al centro di accoglienza si accorsero che effettivamente non stava bene e lo mandarono da noi al Gemelli. Bastò una semplice lastra per capire che il suo problema era la tubercolosi. Quando lo seppe pianse, perché da lui sarebbe stata una diagnosi letale. Invece guarì e credo che oggi sia tornato al suo villaggio”.

Ai più piccoli, i bambini, nei centri d’accoglienza si chiede a volte di esprimere i sentimenti con un disegno. “Non raffigurano quasi mai le scene violente del viaggio” racconta Bona. “Quello è troppo, viene spesso rimosso. I loro disegni raffigurano in genere le scene dell’infanzia perduta nei loro paesi d’origine: le case, le feste, i nonni. Sono disegni pieni di tristezza, nostalgia, senso di sradicamento”. Ferite che l’Italia e i suoi pediatri, nonostante la burocrazia, fanno di tutto per medicare.