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di Paola Rossi

Il Sole 24 Ore, 9 agosto 2023

La fattispecie attenuata può ricorrere in base ad altre circostanze di fatto anche per la detenzione di dosi di crack e cocaina. L’ipotesi della lieve entità del reato di illecita detenzione di stupefacenti, anche a fini di spaccio, non può essere esclusa de plano dal giudice solo perché si tratta di droga “pesante”.

La Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 34537/2023 - ha accolto il motivo di ricorso sulla mancata applicazione del comma quinto dell’articolo 73 del testo unico degli stupefacenti. Infatti, i giudici di legittimità hanno ravvisato un’esclusione automatica dell’ipotesi attenuata del reato in quanto le dosi di cui era stato trovato in possesso il ricorrente erano di cocaina e crack sostanze pacificamente non appartenenti al novero delle droghe “leggere”.

La Cassazione chiarisce proprio l’interpretazione da dare al comma quinto della disposizione del Dpr 309/1990. E, afferma che il giudice è tenuto a valutare la ricorrenza di tutti gli elementi indicati dalla norma in un giudizio di bilanciamento tra gli stessi e soprattutto senza alcuna automatica preclusione nel caso ricorra l’ipotesi della detenzione di sostanze droganti “pesanti”.

Quindi il giudice del rinvio dovrà - a fronte della conferma della penale responsabilità del ricorrente - valutare se gli elementi che costituiscono la condotta incriminata possano comunque condurre a un giudizio di lieve entità con conseguente riduzione della pena. La sentenza di legittimità - nel rigettare l’altro motivo di ricorso - offre un chiarimento e cioè che non è illegittima la contestazione del reato fondata sui risultati del narcotest. Il ricorrente, infatti, lamentava che l’imputazione e la successiva condanna fossero fondate su tale test di accertamento che non offre la misurazione della capacità drogante della sostanza, ma solo ne individua la tipologia.