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di Edmondo Bruti Liberati

La Stampa, 26 novembre 2023

L’assassinio di Giulia Cecchettin e l’arresto di Filippo Turetta hanno riaperto la riflessione sul drammatico fenomeno del femminicidio. Ma la vicenda propone all’attenzione anche altri profili. La sobria e puntuale dichiarazione del Procuratore di Venezia Bruno Cherchi richiama principi fondamentali: “Vi chiedo di lasciare che le indagini proseguano, che ci sia un momento di decantazione. Dobbiamo garantire, come prevede il codice di procedura penale, i diritti all’indagato, la serenità alle parti. E soprattutto l’indagato non si deve sentire condannato prima che i fatti vengano accertati nei modi e nei tempi previsti dalla Costituzione. È un fatto di civiltà a cui tutti dovremmo riferirci”.

Non è un richiamo puramente formale alla presunzione di innocenza che giova a ben poco, anzi può suscitare equivoci come il tweet del senatore Matteo Salvini, su Turetta “Se colpevole, nessuno sconto di pena e carcere a vita”. Dopo la dovuta cautela formale del “Se” viene poi immediatamente preannunciata la sentenza definitiva e la pena. Anche quando la responsabilità appaia chiara, il senso della presunzione di innocenza non è nelle cautele formali, ma nel principio, non scritto nelle norme, ma essenziale: rispetto della dignità della persona sottoposta ad indagini e processo, quale che sia la colpa di cui si è macchiata.

Subito dopo l’arresto di Turetta in Germania, si sono susseguite dichiarazioni di ministri, ma sin dal 2005, con l’adozione del Mandato di arresto europeo, dalla procedura dell’estradizione, che richiedeva il via libera finale del governo, si è passati a un rapporto diretto tra le autorità giudiziarie. In un primo momento abbiamo letto che l’arrestato sarebbe stato portato con aereo militare da Francoforte, sorvolando Venezia e il suo aeroporto, a Roma Ciampino. Sembrava si preparasse un sequel di una scena che si era svolta nello stesso aeroporto. La mattina del 14 gennaio 2019 Cesare Battisti, dopo rocambolesche successioni di arresti e fughe, infine arrestato in Bolivia, espulso e consegnato alla polizia italiana, arriva nel settore militare dell’aeroporto di Roma Ciampino: lo attende una sorta di comitato di accoglienza con il ministro dell’Interno Matteo Salvini (che per l’occasione, a completare la scenografia, indossa un giaccone con le insegne della Polizia di Stato) e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, più sobriamente in giacca e cravatta. Va in scena, per una folla di operatori televisivi, un singolare spettacolo: dapprima vengono inquadrati i due ministri in attesa, poi Battisti, ripreso mentre scende dalla scaletta dell’aereo e quindi condotto negli uffici dove si svolgono le formalità di arresto. Le riprese proseguono con i due ministri che, in un set improvvisato sul piazzale, rilasciano dichiarazioni. Salvini si congratula con la Polizia e con sé stesso, per l’arresto di “un assassino, delinquente, infame e vigliacco”. Bonafede, più asciutto, parla di un “pluriomicida che si è macchiato di reati gravissimi”.

Era una sorta di perp walk de noantri, una riedizione in romanesco, della barbara pratica americana. Il termine perp è una abbreviazione di perpetrator, con buona pace della presunzione di innocenza, trattandosi di persona arrestata dalla polizia e offerta in pasto al pubblico prima ancora di essere presentata davanti al giudice, come rito di degradazione e applicazione immediata della sanzione reputazionale. Un caso che ha avuto grande eco in Europa è quello di Dominique Strauss Kahn, direttore del Fondo Monetario Internazionale, arrestato il 4 maggio 2011 a New York con l’accusa di tentata violenza sessuale ai danni di una cameriera dell’hotel ove egli era alloggiato. Le immagini, largamente diffuse anche in Italia, hanno mostrato DSK, in manette, ripetutamente offerto alle riprese giornalistiche dalle autorità di polizia (l’indagine penale è stata poi archiviata, dopo il pagamento di una somma cospicua alla denunciante). Gli esempi di perp walk sono numerosi e talora hanno avuto un esito drammatico. Il più celebre è quello, ripreso in diretta dalle televisioni, in cui Lee Harvey Oswald, arrestato come sospetto assassino di J. F. Kennedy, mentre viene portato fuori dalla stazione di polizia, è ucciso a colpi di pistola da Jack Ruby.

Su Filippo Turetta vi è stato infine un “cambiamento di rotta” e l’aereo militare da Francoforte è atterrato direttamente a Venezia, sede della Procura della Repubblica competente per l’indagine. Nessun comitato di accoglienza in aeroporto e sono state adottate tutte le misure per evitare riprese dell’arrestato.