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di Fiorenza Sarzanini

Corriere della Sera, 7 ottobre 2023

Una disputa condotta, ancora una volta, sul piano della propaganda non può portare a nulla di buono. Gli accordi bilaterali tra Stati, le intese più o meno durature, i patti su alcuni punti specifici siglati sin qui con le migliori intenzioni, non saranno sufficienti a trovare una vera strategia comune sulla gestione dei flussi migratori. La ritrovata unità con la Germania suggellata dalla dichiarazione comune della premier Giorgia Meloni e del cancelliere Olaf Scholz sono la dimostrazione di quello che potrebbe e dovrebbe accadere per ottenere risultati concreti. Ma il vertice di Granada ha sancito, semmai ce ne fosse stato bisogno, quale sia la vera posta in gioco dei leader: il consenso alle prossime elezioni europee, ciascuno pronto a misurarlo sul piano nazionale. Inutile illudersi che fino ad allora - saranno a giugno del prossimo anno - si riesca a trovare una soluzione per governare arrivi, partenze, sbarchi, rimpatri. E su scala europea, con le possibili maggioranze variabili - alle quali anche l’Italia partecipa cercando appoggi tra chi è sempre stato partner come Francia e Germania, nuovi possibili alleati fuori dalla Ue come il Regno Unito, o vecchi amici della destra come Ungheria e Polonia - nulla è scontato. Come si è visto ancora ieri con il veto posto dai presidenti Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki alla dichiarazione finale.

Ecco perché è arrivato il momento di affrontare il problema a livello nazionale utilizzando tutti gli strumenti necessari a uscire da quella che viene vissuta come un’emergenza, anche quando non lo è, e potrebbe invece trasformarsi in una risorsa. Perché è giusto ribadire la priorità di combattere i trafficanti di essere umani che sfruttano la disperazione altrui, e impedire a chi non ne ha diritto di rimanere nel nostro Paese; ma è pure necessario ascoltare chi chiede aiuto e asilo per le più disparate ragioni, e assistere chi può essere accolto favorendone l’integrazione.

Un salto di qualità che si ottiene soltanto garantendo i diritti di tutti, e pretendendo il rispetto dei doveri da parte degli stranieri che sbarcano o arrivano seguendo rotte terrestri. È la premessa indispensabile per regolarizzare chi può trovare un lavoro e sarà così in grado di pagare le tasse, rispondendo alle esigenze delle aziende in cerca di personale. Vuol dire obbligare chi ha figli minori a mandarli a scuola, sottraendoli ai richiami dei gruppi criminali. Ma vuol dire anche valutare in maniera rigorosa e seguendo le regole del Diritto europeo chi può ottenere asilo - anche se proviene da uno Stato ritenuto “sicuro” - da chi invece deve essere respinto.

È un lavoro complesso che va fatto mettendo da parte interessi di parte e propaganda. Quanto sta accadendo in queste ore certamente non contribuisce ad affrontare la questione in maniera costruttiva. E sarebbe opportuno che tutti lo tenessero a mente, magistrati e politici. La sentenza della giudice di Catania che ha restituito la libertà ai migranti irregolari può essere appellata, come ha già annunciato di voler fare il governo, e la sede giudiziaria è quella giusta per confrontarsi. Esiste la libertà di criticare i contenuti di un verdetto, ma non sono accettabili gli attacchi personali per screditarli a priori.

Chi non vuole finire nel mirino della delegittimazione dovrebbe però tenere comportamenti e atteggiamenti tali da apparire imparziali, oltre che esserlo quando si prende una decisione. Mentre le immagini della giudice mescolata ai manifestanti che cinque anni fa protestavano contro la polizia sono certamente inopportune e si prestano ad alimentare il dubbio di un’imparzialità negata. Fomentando sospetti che rischiano di travolgere il suo provvedimento giudiziario nell’area della disputa politica, prima ancora di essere valutato nell’aula della Corte di Cassazione. Anche per questo sarebbe auspicabile che si rendesse subito nota l’origine del video in modo da non strumentalizzare ulteriormente la vicenda, spazzando via l’ipotesi inquietante che esista un’azione di dossieraggio e schedatura.

La contrapposizione durissima tra maggioranza e opposizione, ma anche le divisioni all’interno degli stessi schieramenti di destra e sinistra hanno posto ancora una volta un argomento serio come la gestione dei flussi migratori al centro di una disputa che, se condotta sul piano della propaganda, non può portare a nulla di buono. Di fronte al rischio che l’onere dell’accoglienza e dell’assistenza ricada prevalentemente su sindaci e governatori, il tema non può diventare esclusivamente materia elettorale. Perché soltanto con la collaborazione e il sostegno di tutti, il nostro Paese si dimostrerà all’altezza della sfida.