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di Alessandra Muglia

Corriere della Sera, 8 settembre 2023

Il “banchiere dei poveri” teme il carcere. Allarme Onu per tutti gli oppositori. A pochi mesi dalle elezioni, la premier Hasina sta soffocando il dissenso. A 83 anni, dopo una vita passata a combattere l’apartheid finanziario, il “banchiere dei poveri” Muhammad Yunus è ancora in prima linea, costretto a difendersi da quello Stato che gran giovamento ha tratto in questi anni dalla sua invenzione: il microcredito, capace di risvegliare lo spirito di imprenditorialità anche nei mendicanti. Se il Bangladesh in questi anni ha registrato un balzo della partecipazione femminile all’economia e l’uscita di milioni di persone dalla povertà il merito è anche suo. La Grameen Bank da lui fondata nel 1983 ha consentito soprattutto a donne senza mezzi di accedere a finanziamenti per avviare attività imprenditoriali e vivere. Eppure questo economista visionario, acclamato a livello internazionale e insignito del Nobel per la pace, nel 2006, da anni è perseguitato in patria, alle prese con due processi, uno per violazione delle leggi sul lavoro e l’altro per corruzione ed evasione fiscale.

Con le elezioni generali alle porte - previste tra dicembre e gennaio - gli attacchi contro di lui si sono moltiplicati: Yunus teme di finire in prigione. La prima ministra Sheikh Hasina, che governa ininterrottamente il Bangladesh dal 2009, nei suoi comizi elettorali parla dell’eroe dello sviluppo come di un personaggio diabolico, lo definisce un “succhiasangue” dei poveri, per i suoi tassi di interesse “esorbitanti”, lo accusa di appropriazione indebita. Lo incolpa anche per la decisione della Banca Mondiale di ritirarsi nel 2012 dal progetto cruciale di un ponte sul fiume Padma, l’affluente principale del Gange in Bangladesh, un caso di corruzione, a suo dire.

A riaccendere l’attenzione del mondo sull’ingrato destino dell’economista sono ora le Nazioni Unite. Yunus “è vittima di vessazioni e intimidazioni da quasi un decennio”, ha sottolineato ieri l’Alto commissariato per i diritti umani dell’Onu. Preoccupa la svolta autoritaria in corso e gli sforzi del governo per mettere a tacere i critici e sradicare il dissenso: “Le persecuzioni legali verso i leader della società civile, i difensori dei diritti umani e le altre voci dissenzienti sono un segnale preoccupante per lo spazio civico e democratico del Bangladesh”, ha detto una portavoce, invitando le autorità giudiziarie del Paese “a garantire che siano rispettati i diritti a un giusto processo”. Human Rights Watch parla di attacco “sistematico” all’opposizione. Più di 800 attivisti sono stati arrestati a luglio dopo una manifestazione dell’opposizione accolta con proiettili di gomma e lacrimogeni.

L’altro giorno, oltre 160 personalità, tra cui Barack Obama e Bono degli U2, hanno pubblicato una lettera per denunciare le “minacce contro la democrazia” ed esprimere il loro sostegno a Yunus. Hasina da tempo ce l’ha con l’economista dei poveri. Nel 2011 aveva spinto anche per rimuoverlo da capo della Grameen Bank, poi il governo è riuscito a prendere il controllo del board. All’origine di questo accanimento il fatto che Yunus abbia accarezzato l’idea di entrare in politica nel 2007. Non importa che questa prospettiva non si sia mai concretizzata. La premier e le compiacenti polizia e magistratura stanno stringendo la morsa. Alcuni ipotizzano che questo assedio preluda al sequestro pubblico di Grameenphone, il più grande operatore di telefonia mobile del Paese, che Yunus ha contribuito a lanciare. Con l’obiettivo di garantirsi almeno altri 5 anni di potere.