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di Antonio Polito

 

Corriere della Sera, 30 luglio 2018

 

La favola di "italiani brava gente" non regge: non c'è un vaccino che ci metta al riparo dai problemi di razzismo che ancora affrontano Paesi di più antica immigrazione. Il pericolo del razzismo in Italia esiste, e non è una "invenzione della sinistra", come dice il ministro Salvini. Se lo fosse, viste le condizioni attuali della sinistra, sarebbe facilmente scongiurato.

E invece anche nel nostro Paese c'è il rischio concreto che i "nativi" sviluppino sentimenti di discriminazione o addirittura di odio nei confronti di chi è arrivato dopo. La favola di "italiani brava gente" non regge: non c'è un vaccino che ci metta al riparo dai problemi che ancora affrontano Paesi di più antica immigrazione, come la Germania, la Francia e la Gran Bretagna. Salvini invita a considerare le frequenti aggressioni agli immigrati come un reato e basta. Ma quando un gruppo di ragazzi ne pesta un altro al grido di "sporco negro", come è successo a Partinico, è la stessa norma penale a prevedere l'aggravante dell'"odio razziale". Non è un reato e basta. Perché dovremmo chiudere gli occhi? A chi gioverebbe non vedere il clima di violenza in cui nascono episodi come l'inseguimento di Aprilia, finito con la morte di un marocchino sospettato di essere un ladro?

Se il ministro dell'Interno vuole solo rassicurarci sul fatto che non c'è un'emergenza sul piano dell'ordine pubblico, fa il suo mestiere. Ma sbaglierebbe a sottovalutare il rischio emulativo. E soprattutto non può far finta di non capire che oggi spetta proprio a lui tenere alta la guardia contro il rischio che qualcuno fraintenda la sua campagna come una legittimazione al "fai-da-te", una specie di "legittima difesa" preventiva contro tutti gli immigrati.

Proprio perché il leader leghista è impegnato in un'azione severa e per molti versi giusta per controllare i fenomeni migratori, deve saperla accompagnare con una pedagogia di rispetto e accoglienza verso chi non è nato nel nostro Paese ma ha diritto a viverci. Per un ministro dell'Interno non può valere il detto mussoliniano, ieri fatto suo da Salvini, "tanti nemici, tanto onore". La coesione nazionale e il senso di comunità contano di più: se la sua azione diventasse un alibi per l'odio, a pagarne il prezzo sarebbero innanzitutto legge e ordine.