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di Marco Bettazzi

La Repubblica, 20 luglio 2022

Picchetti, tessere e passaggi di denaro: ai domiciliari il coordinatore nazionale di Si Cobas e dirigenti dell’Usb. “Un attacco alle nostre lotte”. E scattano nuovi scioperi.

Due associazioni a delinquere parallele, che hanno usato i lavoratori “come pedine” e il sindacato “come cosa propria, anche a livello economico”. Sono queste le accuse che hanno portato a Piacenza all’arresto di sei dirigenti sindacali di Si Cobas e Usb, due sigle di base molto presenti nei magazzini della logistica, cui vengono contestati reati come, appunto, associazione a delinquere, violenza privata, resistenza e violenza a pubblico ufficiale, sabotaggio e interruzione di pubblico servizio e contro cui vengono contestati anche bonifici passati dal sindacato ai conti personali di alcuni di loro.

La replica con lo sciopero immediato - Un’operazione che ha portato all’immediata dichiarazione di sciopero delle due sigle, sia nella logistica (Usb) che generale (Si Cobas) partito già ieri sera e che continuerà anche oggi per contrastare quello che viene definito “un attacco giudiziario repressivo contro l’attività del sindacato”.

I sei arrestati - Agli arresti domiciliari (la procura aveva chiesto gli arresti in carcere) sono finiti quattro esponenti del Si Cobas, e cioè il coordinatore nazionale Aldo Milani e tre dirigenti piacentini, Mohamed Arafat, Carlo Pallavicini e Bruno Scagnelli. Più due dell’Usb, Abed Issa Mohamed e Roberto Montanari, cui si aggiungono altri due con obbligo di firma o divieto di dimora a Piacenza.

L’ordinanza: la guerra tra sigle e i sabotaggi dei macchinari - Nelle 350 pagine dell’ordinanza si mettono in fila proteste e picchetti nei magazzini di Piacenza dal 2016 al 2021 in aziende come Gls, Tnt, Ikea, Amazon o Sda dove, secondo gli investigatori, si sarebbe svolta una vera e propria guerra tra sigle con blocchi delle attività, scontri, manifestazioni non autorizzate e sabotaggi dei macchinari. Per far valere la propria organizzazione a scapito dell’altra, piuttosto che ottenere il bene dei lavoratori. “Non è un’indagine contro i sindacati di base, ma contro alcuni leader che hanno gestito il sindacato come cosa loro anche a livello economico. Le prime vittime sono i lavoratori stessi”, ha spiegato il procuratore capo di Piacenza, Grazia Pradella. Secondo il giudice dell’udienza preliminare, Sonia Caravelli, ci sono “numerose conferme” alle ipotesi degli investigatori, con gli indagati “che si sono serviti per anni dello schermo sindacale per commettere reati”, oltre che per “consolidare rapporti di forza, financo col perseguimento di scopi di lucro”.

Lo scopo di lucro - Lucro che deriverebbe sia dall’aumento delle tessere che da una gestione delle conciliazioni e degli incentivi strappati alle aziende nei cambi d’appalto, coi sindacalisti che al telefono definiscono “galline dalle uova d’oro” le multinazionali del piacentino. In Leroy Merlin, per esempio, vengono ottenuti 1,6 milioni di conciliazioni dal consorzio Ucsa per oltre 50 lavoratori soprattutto di Usb, col Si Cobas che così aumenta il peso nei magazzini: ai lavoratori, sostiene la procura, arrivano però 25-30mila euro mentre Arafat ottiene 100mila euro. Ai facchini vengono anche chiesti oboli da 150 euro per la causa legale di Milani (che a Modena anni fa è stato accusato di estorsione e poi assolto) per una “cassa di resistenza”, così come percentuali “in nero” verrebbero chieste da un dirigente Usb per contrattare gli incentivi. Ad Arafat vengono contestati decine di bonifici del sindacato finiti sui conti personali e quelli della moglie con cui sarebbero state acquistate case in Italia e in Egitto: a denunciarlo è l’ex cognato, che è poi stato minacciato più volte perché non parlasse. E prelievi riguardano anche un conto Usb, con spese per ristoranti, supermercati, negozi cinesi e altri megastore.

La replica della difesa - Ricostruzioni contestate dai legali. “Si tratta di una lettura distorta di vicende di carattere sindacale - ribatte Arturo Salerni, avvocato di Usb - Il conflitto può essere molto duro in questo settore, anche perché è spesso sottratto alle regole e luogo di infiltrazioni”.

“È singolare che vengano ipotizzate due associazioni a delinquere con lo stesso disegno criminoso - continua Marina Prosperi, legale del Si Cobas - Inoltre non c’è nessuna contestazione puntuale di estorsione, in altri casi simili abbiamo sempre avuto archiviazioni”. Secondo Cgil, Cisl e Uil “è necessario fare chiarezza al più presto”.