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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 26 gennaio 2024

Il sovraffollamento, il caso dei “liberi sospesi”, le misure alternative negate: il quadro è immobile. Due sono i problemi fondamentali che riguardano la situazione carceraria, evidenziati dalla presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano durante la sua relazione annuale sull’amministrazione della giustizia. Uno è il sovraffollamento carcerario, che continua a rappresentare una grave emergenza. L’altro sono le lunghe pendenze nelle procedure per le misure alternative alla detenzione. Parliamo dei cosiddetti “liberi sospesi”, i quali, come ha evidenziato la presidente della Corte Suprema, al 31 dicembre 2023, sono pendenti presso gli Uffici per l’esecuzione penale esterna (Uepe) ben 90.120.

A tale pendenza, già considerevole, si deve aggiungere quella, altrettanto significativa, relativa alle numerose attribuzioni ai funzionari dell’Uepe che però rischiano di non garantire a causa dello scarso numero dell’organico. Le considerazioni della Prima Presidente, Margherita Cassano, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2024, offrono un particolare riferimento alla situazione carceraria. Come detto, uno dei nodi critici che emerge è rappresentato dal persistente sovraffollamento carcerario, con 62.707 detenuti (di cui 2.541 donne) rispetto a soli 51.179 posti disponibili.

La presidente della Corte Suprema evidenzia un aumento dei detenuti condannati con sentenza irrevocabile, che raggiungono la cifra di 44.174, mentre diminuisce il numero di persone sottoposte a custodia cautelare, in attesa di primo giudizio, appellanti o ricorrenti a dimostrazione, sottolineando il rispetto del principio di gradualità e proporzionalità nell’applicazione delle misure limitative della libertà personale.

Particolarmente preoccupante è la vasta casistica di procedure relative ai “liberi sospesi”, ovvero persone condannate a pene fino a quattro anni di reclusione, nei confronti delle quali il pubblico ministero, contestualmente all’ordine di esecuzione della pena, deve emettere un provvedimento di sospensione della stessa per consentire la presentazione di istanze di misure alternative alla detenzione. Pertanto, in attesa della presentazione delle stesse e della relativa decisione da parte del Tribunale di sorveglianza, l’esecuzione non può avere luogo. In questo contesto, emerge un notevole numero di 90.120 procedure pendenti. L’analisi della presidente Cassano si focalizza sull’ulteriore complicazione dovuta alla pendenza delle pratiche presso gli Uffici per l’esecuzione penale esterna, incaricati dell’istruttoria delle procedure. Gli Uffici per l’esecuzione penale esterna svolgono compiti cruciali in cinque diverse aree, quali l’indagine sulla situazione individuale, l’elaborazione dei programmi di trattamento, l’esecuzione delle misure alternative alla detenzione, l’applicazione delle misure di sicurezza e l’attività di consulenza agli istituti penitenziari per favorire il buon esito del trattamento penitenziario.

Le attribuzioni si ampliano ulteriormente con le recenti circolari del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che delineano le funzioni di probation affidate agli Uepe nel seguire il percorso trattamentale e specifiche funzioni connesse alla legge del 24 novembre 2023, n. 168, volta al contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica. Sulla scorta di questi dati, l’elemento critico evidenziato nelle considerazioni della Prima presidente della Cassazione riguarda le notevoli scoperture di personale presso gli Uffici Uepe. Su un totale di 2716 unità previste in pianta organica, risultano coperti soltanto 1635 con conseguente scopertura di 1070 posti.

Le scoperture più significative sono rappresentate da quelle dei funzionari della professionalità di servizio sociale (su un totale di 1603 unità, sono presenti in servizio 1091 persone in servizio con conseguente scopertura di 512 posti) e dei funzionari della professionalità pedagogiche (su un organico di 322 unità si registrano scoperture pari a 309 unità, con un totale di personale presente pari a 13 unità).

La presidente Cassano sottolinea il rischio obiettivo che, a causa delle numerose procedure pendenti e delle carenze di personale, l’espiazione della condanna per le persone condannate a pene detentive brevi possa avvenire a distanza di molti anni, vanificando il significato costituzionale della pena e negando il diritto alla speranza per chi ha cambiato vita dopo aver commesso il reato.

Sotto un diverso profilo, ritardi e lentezze nella definizione delle procedure potrebbero portare alla prescrizione della pena, vanificando la funzione “specialpreventiva” secondo l’articolo 172 del codice penale. In conclusione, la relazione della presidente della Corte di Cassazione evidenzia criticità e sfide che riguardano la situazione carceraria con il rischio che si vanifichi lo scopo principale dell’esecuzione della pena. E parliamo della pena che può essere espiata anche attraverso le misure alternative. Nel frattempo, nel solo primo mese dell’anno, siamo giunti già a 10 suicidi dietro le sbarre. Un allarme che ha scosso anche i sindacati di polizia penitenziaria.