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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 6 settembre 2023

Il sovraffollamento nelle carceri italiane continua a crescere, con oltre 7.000 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare. Ma quando consideriamo anche le celle inagibili, il problema diventa ancora più evidente. Un altro aspetto che non possiamo ignorare è la presenza di bambini dietro le sbarre, con ben 19 di loro attualmente detenuti.

Secondo i dati aggiornati dal ministero della Giustizia al 31 agosto, la situazione è allarmante. La capienza regolamentare delle carceri è di 51.206 detenuti, ma al momento ce ne sono ben 58.428. Questo rappresenta un aumento di 679 reclusi rispetto al mese precedente e addirittura 2.791 in più rispetto al mese dell’anno scorso. La detenzione è già di per sé una condizione difficile e drammatica sia per i detenuti, che possono subire violenze sia mentali che fisiche, sia per le gravi difficoltà di reinserimento nella società una volta usciti, spesso portando a recidive.

Il sovraffollamento aggrava ulteriormente la qualità della vita dei detenuti, costringendoli a condividere spazi ristretti. Inoltre, va notato che il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Pene o Trattamenti Inumani o Degradanti ha stabilito che ogni detenuto dovrebbe avere a disposizione almeno 4 metri quadri di spazio vitale. A marzo scorso, il Comitato europeo ha lanciato una raccomandazione agli Stati membri affinché affrontino il problema del sovraffollamento penitenziario in modo determinato, fissando un numero massimo di detenuti per istituto penitenziario da rispettare rigorosamente. Ha anche esortato i governi a collaborare con legislatori, giudici, pubblici ministeri e dirigenti carcerari per affrontare il sovraffollamento penitenziario con un’azione concertata.

Tuttavia, è importante notare che non possiamo valutare il problema solo in termini numerici assoluti. Ogni carcere ha la sua situazione di sovraffollamento che riguarda ciascuna sezione, e costruire nuove sezioni non è una soluzione efficace. Prendiamo il caso del carcere di Monza, dove il sovraffollamento è diventato insostenibile con 707 detenuti in un’istituzione progettata per ospitarne 411. Questi numeri straordinariamente elevati stanno mettendo a dura prova sia il personale di custodia che i detenuti stessi.

Il sindacato Uilpa della Polizia Penitenziaria ha denunciato con forza questa crisi carceraria e ha evidenziato le conseguenze devastanti del sovraffollamento. Nonostante il recente tentativo di affrontare il problema con l’apertura del reparto Luce, il problema persiste. Questo reparto, precedentemente destinato alle detenute donne e rinnovato grazie agli sforzi dei detenuti stessi, ha una capacità teorica di 80- 90 posti, ma al momento ospita solo 45 detenuti. La situazione più critica si trova nelle sezioni progettate per ospitare 50 detenuti, con camere da due posti, dove una media di 13- 17 detenuti condivide lo stesso spazio, dormendo in condizioni inumane su brandine.

Il problema, quindi, rimane e sta destando allarme in diverse carceri. Mentre il ministero della Giustizia sta valutando un decreto legge per dare la possibilità di far usufruire ai detenuti solamente due telefonate in più, non si sta facendo abbastanza per garantire misure alternative per coloro che non hanno strumenti o possibilità di dimora, né per garantire un vero supporto all’affettività attraverso una liberalizzazione delle chiamate. Inoltre il Parlamento si rifiuta tuttora di calendarizzare la legge sulla liberazione anticipata speciale presentata da Roberto Giachetti di Italia Viva, su proposta di Rita Bernardini di Nessuno Tocchi Caino. Prevede due opzioni. Una che si passi dai 45 giorni (già previsti ogni semestre di pena) a 60 giorni di liberazione anticipata per tutti i detenuti che hanno avuto un buon comportamento in carcere. Prevede inoltre che sia direttamente l’istituto a concederla e non il magistrato di sorveglianza già oberato da molte incombenze. L’altra proposta, di liberazione anticipata “speciale”, è di 75 giorni ogni semestre, soprattutto per compensare i due anni terribili che i detenuti hanno vissuto con il Covid.

Ma nulla da fare. Nel frattempo, i bambini dai 0 ai 3 anni rimangono detenuti con le loro madri, mentre i tentativi di riforma non hanno luce. Lo scorso marzo, infatti, in Commissione Giustizia della Camera, il Pd ha dovuto ritirare il progetto Serracchiani (che riprendeva la proposta dell’ex deputato Siani, frutto di un lavoro con le associazioni del settore), dal momento che Fratelli d’Italia aveva inserito degli emendamenti destinati a peggiorare il testo. Tutto è rimasto quindi fermo, mentre il malessere e la tensione cresce.