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di Franco Corleone

Messaggero Veneto, 25 novembre 2023

Il 16 novembre nel carcere di Udine un detenuto di 64 anni, si è suicidato. La tragedia si è consumata dopo soli sei giorni dall’arresto e le ragioni di ordine familiare e sociale sono note. Quello che non si sa è che Rodolfo Hillic aveva chiesto un colloquio con lo psicologo. Era in lista di attesa con una psicologa dell’Amministrazione penitenziaria (un esperto ex art. 80 dell’Ordinamento penitenziario con contratto di poche ore al mese), ma non ha atteso il suo turno. Si tratta di un retaggio di quando la sanità era di competenza dell’amministrazione penitenziaria e personalmente ho molti dubbi sulle funzioni ambigue di questa figura.

Nel carcere di Udine sono presenti 136 persone rispetto alla capienza regolamentare di 86: cinquanta soggetti in più che vivono in coabitazione forzata con servizi igienici intasati, con spazi angusti, con letti a castello. Il sovraffollamento si rivela una condizione contro il diritto alla salute previsto dall’articolo 32 della Costituzione che lo definisce “fondamentale”.

Molti degli ospiti di via Spalato appartengono alla marginalità sociale, hanno storie di vita difficili, caratterizzate da mancanza di istruzione, di lavoro e di casa: 33 sono accusati o condannati per violazione dell’art. 73 della legge antidroga per detenzione o piccolo spaccio di sostanze stupefacenti vietate; 48 sono classificati come tossicodipendenti, 18 come alcoldipendenti e 9 come psichiatrici. Un quadro impressionante che testimonia la mancanza di un sistema di welfare, sostituito da un fallimentare prisonfare.

La sfida del reinserimento sociale è assai problematica. Le responsabilità politiche di privilegiare la detenzione rispetto alle misure alternative sono evidenti e vanno denunciate con chiarezza. Per quanto mi riguarda non faccio sconti al Governo e al ministro della Giustizia e ho avanzato con gli altri garanti presenti in Italia, suggerimenti per risolvere una condizione che viola l’art. 27 delle Costituzione e le norme della Convenzione europea dei diritti umani.

 La competenza della salute è invece del Servizio sanitario pubblico, cioè della Regione. Il 31 ottobre avevo scritto all’assessore Riccardi dettagliando nove proposte per migliorare il servizio nel carcere di Udine. Attendo ancora una risposta.

Il tema della salute in carcere richiede un impegno che incida anche sulle condizioni della vita quotidiana e di quelle igienico sanitarie, dell’alimentazione e delle relazioni umane.

È assolutamente improprio che i medici presenti in carcere al momento della visita di ingresso diano indicazioni per la cosiddetta “grande sorveglianza”. C’è bisogno semmai di “grande cura” ed è davvero sconvolgente che al momento addirittura ben 47 detenuti siano segnalati all’amministrazione penitenziaria con questa indicazione, motivata per un rischio suicidario o per altre preoccupazioni di fragilità. Si tratta di una pratica che va superata perché il nodo cruciale non può essere legato alla sicurezza ma a una organizzazione che veda protagonista il Dipartimento di salute mentale. Spesso il nodo della salute mentale è sollevato in maniera strumentale che rivela la nostalgia del manicomio, ma va affrontato con responsabilità dalla sanità senza delega, di fatto, alla polizia penitenziaria.

Sottolineo che il progetto di ristrutturazione in corso in Via Spalato prevede una ricollocazione dell’infermeria per garantire maggiore funzionalità e adeguati spazi.

Questo ultimo caso mi obbliga però a chiedere un provvedimento di urgenza, cioè la presenza di uno psicologo della sanità pubblica a tempo pieno.

Le persone ristrette hanno bisogno di molte cose, ma anche di potersi confidare, di poter parlare con qualcuno capace di ascolto. La parola può salvare vite. Per fortuna è presente con assiduità il volontariato, Caritas e Icaro, ma le associazioni non possono svolgere attività di supplenza rispetto alle istituzioni che hanno precisi doveri.

Mi auguro che una decisione venga presa immediatamente dall’assessore Riccardi a cui ho scritto presentando queste considerazioni. Rappresenterebbe un segno di sensibilità e di umanità e attendo con fiducia una scelta non procrastinabile.