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di Vincenzo Miri*

Il Sole 24 Ore, 29 giugno 2024

In settimana il Tribunale di Lucca ha rimesso alla Consulta la questione relativa allo stato dei figli nati dal progetto genitoriale di due donne realizzato all’estero tramite fecondazione assistita. Ancora una volta la Corte costituzionale si occuperà di famiglie omogenitoriali: con ordinanza pubblicata in settimana il Tribunale di Lucca ha rimesso alla Consulta la questione relativa allo stato dei figli nati dal progetto genitoriale di due donne realizzato all’estero tramite fecondazione assistita. E, infatti, nonostante l’invito a legiferare espresso dalla Consulta già nel marzo 2021, il nostro Parlamento è rimasto silente, anzi apprestandosi, oggi, a introdurre un reato universale di gestazione per altri al fine di impedire il sorgere di nuove famiglie. Del resto, solo con la legge 76 del 2016 introduttiva delle unioni civili era stata riconosciuta la vita familiare delle persone omosessuali, ma il compromesso parlamentare aveva espunto ogni disciplina dei rapporti di filiazione, generando un disordine giurisprudenziale di rara latitudine. Come se non riconoscere nelle leggi potesse significare eliminare dalla storia.

Tortuoso, insomma, in Italia il riconoscimento dei diritti delle persone Lgbti+: mentre le legislazioni di altri Paesi europei ne hanno da tempo accolto istanze e rivendicazioni, l’Italia le ha ignorate, affidandole a una supplenza giudiziaria ormai fiaccata. Se, poi, dall’orientamento sessuale si volge lo sguardo all’identità di genere, l’abisso giuridico si slarga: tante soggettività sono escluse dalla regolamentazione di una legge risalente al 1982, con grave sacrificio di efficacia ed effettività normativa. Sentenze storiche hanno consentito di superare la necessità di demolizione di caratteri sessuali, ma è ormai urgente una integrale riforma della legge 164/1982, per affrancare le persone trans e non binarie da maglie di patologizzazione o invisibilizzazione. Tanto è vero che, proprio su questi aspetti, si attende ancora una volta l’intervento della Corte costituzionale, dopo l’udienza del 18 giugno scorso. E ancora: nessuna tutela specifica si registra in campo penale e nessun ascolto normativo è offerto a persone minorenni, dolentemente lacerate, proprio dalle lacune legislative, nelle loro intime esperienze identitarie. Esigenze di sintesi sciupano qui, inevitabilmente, la varietà di istanze, ma si vorrebbe far emergere una specifica tonalità di riflessione. La storia della legislazione e della giurisprudenza sulle persone Lgbti+, proprio perché relativa a diritti costituzionalmente garantiti, richiede alla collettività tutta di non restare sopita, ma di farsi partecipe dell’attuazione della Costituzione in ogni solco dell’umanità, senza urti ideologici e senza timore di accogliere la straordinaria ricchezza di identità e corpi, che colora le esistenze senza macchiarne alcuna.

*Presidente Rete Lenford - Avvocatura per i diritti LGBTI+